mercoledì 21 gennaio 2009

QUANDO LA POLITICA NON SI FERMA ALLO SLOGAN


di Filippo Rossi

Il merito della polemica è uno di quegli argomenti che, onestamente, pur essendo molto importanti per la vita democratica di un paese, non riescono a non diventare alquanto noiosi. Che, in Italia, il governo ponga troppe fiducie è infatti fin troppo noto. Siamo all’eterno ritorno del battibecco istituzionale. E ogni volta, opposizione e cariche istituzionali non possono che bacchettare l’esecutivo di turno. Lo stesso Silvio Berlusconi nel 2006, ad esempio, di fronte alla richiesta di fiducia del governo Prodi, arrivò ad affermare che «il rischio è quello di esautorare il Parlamento: non è una cosa da poco. Prodi dovrebbe scusarsi con tutti gli italiani. Così non è possibile andare avanti, finisce che non si discute più...».Eppure, nonostante la noia tutta politichese, una cosa deve insegnare questa ennesima polemica: la politica italiana è ancora lontana dall’imparare che uno schieramento non può (e non deve) avere sempre ragione. Che esiste il momento di fare un passo indietro. Che esiste il momento della discrezione e dell’onestà intellettuale. E del dibattito. Al di là del merito della polemica tra il presidente della Camera e l’esecutivo quel che conta, allora, è che questa storia sottolinea ancora una volta una verità tutta italiana: la retorica del tifo e dell’appartenenza sembra non affievolirsi mai. Lo slogan al posto dell’analisi. Sempre. L’urlo al posto della ragione. La pubblicità al posto del convincimento. Quel che penso dipende da dove sto. Lo spiegava l’altro giorno Giuliano Amato: «La politica del fanatismo e del tifo eccitato cancella le differenze». Ma la politica non può essere una curva di uno stadio. Non può essere sempre campagna elettorale. Esiste la passione, certo. Ma comunque contemperata con la ricerca della verità. E, soprattutto, del bene comune.

Articolo tratto da Farefuturo Web Magazine

Nessun commento: