venerdì 27 luglio 2012

141.000,00 euro per una consulenza che si poteva evitare


INTERROGAZIONE URGENTE A RISPOSTA SCRITTA

AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

Ancona, venerdì, 27 luglio 2012.

Il sottoscritto Giancarlo D'Anna consigliere regionale del Gruppo Misto

PREMESSO

CHE per quanto attiene lo studio delle problematiche relative alla programmazione del Trasporto Pubblico Locale, il Dirigente della P.F. Gestione Trasporti, con proprio Decreto n.64/TPL del 2 maggio 2012, ha affidato tale attività nella modalità di incarico esterno ad un soggetto esterno alla struttura della Regione Marche per un importo di 141.000,00 euro IVA esclusa

INTERROGA
il Presidente della Giunta per conoscere se, prima dell’indizione della gara per l’affidamento dell’incarico esterno, sia stata espletata regolare ricognizione della professionalità all’interno della Regione Marche stessa, così come richiesto dall’art.7, comma sesto, D.L.vo 165/2001.

Ciò al fine di non incorrere nel danno erariale, così come stabilito in numerose sentenze della Magistratura Contabile.



INOLTRE



si chiede, la riproduzione in copia delle lettere indirizzate ai dipendenti della Regione Marche, con la quale si intendeva verificare il possesso della professionalità necessaria all’espletamento dell’incarico, altrimenti affidato all’esterno.



Il Consigliere.

Giancarlo D’Anna

lunedì 9 luglio 2012

Un passo avanti nella battaglia della Polizia Penitenziaria


Di Giacomo e D'Anna ad Ancona
Organizzata dal Consigliere Regionale Giancarlo D'Anna,Gruppo Misto, e Aldo Di Giacomo,Segretario Regionale del Sappe, si è tenuta, nel palazzo del Consiglio Regionale, una conferenza stampa sulle novità successive lo sciopero della fame del rappresentante della Polizia Penitenziaria per sensibilizzare il governo sulla situazione delle carceri nella regione Marche. D'Anna ,che da tempo segue in particolare le problematiche dei carceri di Fossombrone e Pesaro si è detto soddisfatto di alcuni importanti segnali che arrivano dopo una lunga battaglia. Segnali che di Giacomo ha così elencato: “Tra i primi risultati del mio sciopero della fame c'è stato l'assegnazione di detenuti al carcere di Barcaglione che, da 20, sono passati a 180, di cui 80 provengono da Montacuto, consentendo a quest'ultimo carcere e al personale di polizia penitenziaria una indispensabile boccata d'aria. Nelle strutture di Fossombrone, Montacuto e Barcaglione sarà inoltre inviato personale di polizia penitenziaria che sta terminando l'apposito corso di formazione, permettendo così il tanto richiesto aumento di organico, necessario al regolare svolgimento delle mansioni all'interno carcere. Ci sono poi da chiarire le questioni legate alla Spending Review che tanto sta facendo parlare in questo periodo: stando alla rivisitazione dei costi e dei tagli, gli istituti sotto gli 80 detenuti dovrebbero chiudere, ma - ha proseguito Di Giacomo- noi faremo in modo che ciò non avvenga. A Camerino, infatti, è prevista l'apertura di una struttura che dovrà contenere 450 detenuti. Tengo a precisare - ha concluso il Sindacalista del Sappe - che se tutte queste richieste non saranno ascoltate e attuate entro settembre, io riprenderò la mia battaglia con lo sciopero della fame”.

venerdì 6 luglio 2012

EVOLUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

PICCOLI OSPEDALI IL "GIOCO" DEL CERINO.





c'eravamo ci siamo e ci saremo

Piccoli ospedali, rimpallo governo-regione. Li vogliono chiudere ma non si vogliono assumere la responsabilità.

Sanità,D'Anna alla luce dei provvedimenti del Governo va rivisto il Piano Socio Sanitario e i suoi obiettivi.


Il disegno di quanto sarebbe avvenuto, specie ai piccoli ospedali, c'era, e rappresentato in uno schizzo nel quale Presidente Spacca aveva disegnato la mappa della sanità, durante la presentazione dei dati del Pne (Piano nazionale sugli esiti), organizzata nell'aprile scorso dalla giunta regionale:” L'alta specialità in un unico centro regionale; le eccellenze in ospedali sul territorio con un'alta capacità di attrattiva”Spacca esordì così a proposito progetto di riforma sanitaria facendo notare la” condivisione da gran parte dei partiti politici, anche dell'opposizione”.



In effetti posso testimoniare e quindi confermare tale condivisione emersa anche durante un incontro tra parlamentari e consiglieri regionali delle Marche del Pdl e l'allora Ministro Fazio sulle problematiche della Sanità nelle Marche. Alla mia motivata e documentata e immutata contrarietà alle scelte della Regione Marche il Ministro del centrodestra si disse favorevole al percorso del centrosinistra e alla politica di un ospedale per provincia tesi sostenuta anche dal Coordinatore e Vice coordinatore regionali del Pdl.



Tornando a Spacca trasformò in disegno la mappa della sanità che aveva in mente "Un ospedale regionale, quello di Torrette, per l'alta specializzazione garantita. Attorno al capoluogo opereranno altri tre ospedali, con funzione di filtro per le prestazioni di minore complessità (Ancona Sud/Inrca, Jesi e Seni-gallia) e al servizio del territorio metropolitano. Insieme opereranno i presidi a Nord (Pesaro-Fano-Urbino), a Sud (Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto) e quelli di Macerata e Fermo-Civitanova" con la prospettiva evidente di accorpare nel tempo in un'unica struttura o azienda i vari presidi, i definitiva come ha più volte fatto capire Spacca un ospedale per provincia.



Dei piccoli ospedali nemmeno l'ombra se non per ricordare che"nelle aree interne esistono una molteplicità di presidi che non hanno una sufficiente dimensione". Ed è sulle dimensioni che oggi si gioca il futuro dei “piccoli ospedali” quelli che anche questo governo ( come il precedente e quello prima ancora) è intenzionato a chiudere .



Anzi furbescamente dopo aver annunciato di volerlo fare .il Governo ha fatto marcia indietro affidando l'ingrato compito alle Regioni. Quelle regioni, come le Marche che consapevolmente hanno svilito e privato , sopratutto gli ospedali dell'entroterra, di quei numeri che nel momento decisionale fanno la differenza. Parentesi, il Santa Croce di Fano è stato sottoposto allo stesso trattamento e nel caso in cui, crisi o non crisi non verrà costruita una nuova struttura farà la stessa fine che fece l'ospedale di Mondolfo dopo l'unione con Fano.



Niente di nuovo dunque tutto programmato, tutto concordato da tempo in modo trasversalmente condiviso. Il “gioco” ora è quello del cerino su chi tra stato e regione rimarrà con lo zolfanello in mano. Un gioco rischioso perché se tutti hanno la consapevolezza che è necessario affrontare la crisi e quindi tagliare quanto non necessario è altrettanto chiaro che non si possono tagliare i servizi prima di aver tagliato, tanto per fare un esempio milionario, quelle costosissime convenzioni esterne rivolte ai privati di cui si potrebbe fare benissimo a meno se si utilizzassero a pieno strutture, professionalità e strumentazioni a disposizione della sanità pubblica. Senza dimenticare i 3 milioni e mezzo di euro per la nuova sede dell'area vasta a Fabriano.

Tornando ai piccoli ospedali Spacca e Mezzolani non possono far “finta di non sapere”. Spacca in più occasioni o tra le righe l'aveva anticipato. Nel Piano Socio sanitario, era tutto già scritto in modo fumoso e interpretabile a seconda delle situazioni.

Morale della favola ci stanno portando verso la fine di una sanità sociale per spalancare le porte al privato. Non lo dicono ma ci stanno lavorando da tempo e pensare che c'è ancora chi crede che la costruzione di un'unico ospedale risolverà tutti i problemi!

E' opportuna a questo punto una revisione del Piano Socio Sanitario nel quale si riducano le pagine di chiacchiere e si focalizzino i veri raggiungili obiettivi che vanno discussi partecipati e condivisi dentro e fuori il consiglio regionale. Lo si faccia in modo chiaro conti e dati alla mano. Responsabilmente c'è, ne sono sicuro, la disponibilità ad affrontare questa grave situazione. Non è un caso che anche ieri solo grazie alla responsabilità dei due esponenti di minoranza, D'Anna e Natali, la commissione sanità, com'era accaduto più volte in passato, ha avuto il numero legale per poter avviare e proseguire i lavori che altrimenti si sarebbero dovuti rinviare per la mancata presenza di esponenti della maggioranza.



giovedì 5 luglio 2012

PER SALVARE I PICCOLI OSPEDALI


abbiamo inziato in tempi non sospetti
Per salvare i piccoli ospedali l'unica strada è l'assegnazione della Personalità Giuridica alle aree vaste.


D'Anna ,da tempo ho presentato una Proposta di Legge, è ora di discuterla e votarla. Tagliare gli sprechi non i servizi.



Alla luce delle ultime decisioni del governo nazionale che prevedono la chiusura dei così detti piccoli ospedali l'unica vera tutela si può ottenere con l'assegnazione della personalità giuridica alle Aree Vaste. A quel punto la scelta sul futuro di quegli ospedali, è dell'Area Vasta ,che sula base delle specificità di ciascun ospedale può decidere cosa fare e come fermo restando l'obiettivo del risparmio che a quel punto deve essere necessariamente orientato sul taglio agli sprechi, alle collaborazioni esterne alle non necessarie convenzioni e non ai servizi.

Con la personalità giuridica tutti gli ospedali farebbero parte di un'unica rete con con precisi compiti assegnati appunto dall'Area Vasta e quindi svincolate dai provvedimenti che il governo sta adottando. Ricordo che una proposta di legge che prevede l'assegnazione della personalità giuridica è stata già presentata dal sottoscritto che ne è il primo firmatario, seguono le firme dei colleghi che fanno parte del coordinamento Azione Marche. E' una proposta che se approvata a breve potrebbe risolvere positivamente una situazione che rischia di privare parte del territorio, specie quello dell'entroterra, del diritto all'accessibilità dei servizi sanitari.



Giancarlo D'Anna

Vice Presidente commissione Sanità

martedì 3 luglio 2012

IMBRATTATA LA STATUA-MONUMENTO A RICORDO DEI CADUTI DEL MARE


Imbratata con vernice nera la stutua che ricorda la tragedia del 1964


IN PASSATO ERA STATA MUTILATA.

Nel 2004 in occasione della Festa del Mare di Fano fu collocata sul molo di ponente una statua rappresentante una donna con un bambino in braccio per ricordare tutti i caduti del mare L'opera , era sta eseguita alcuni decenni prima dall'artista fanese Getullio Roberti, opera ispirata dal romanzo marinaresco Maria Risorta di Giulio Grimaldi.

La scelta non fu casuale, sia quella della statuetta come il luogo e sopratutto della ricorrenza. Infatti nel 2004 si ricordava una delle più gravi tragedie della marineria fanese e dell'intera città,: il 40° della tragedia dell'8 giugno 1964 dove persero la vita 4 pescatori fanesi Riccardo Perugini, Armido Ricci, Cesare Tonti e Aldo Valentini.

In un primo momento venne posta sul molo la statua originale di cemento ma fu ben presto vandalizzata e privata di una mano. In seguito fu sostituita da una copia in bronzo a cura dalla ditta Lungarini. Oggi purtroppo, dobbiamo segnalare l'ennesimo gesto idiota e irrispettoso.Infatti ignoti, complice una bomboletta di vernice, hanno imbrattato il piccolo monumento. Nel denunciare la cosa sono certo che in occasione della prossima Festa del Mare in agosto, si provvederà a ripulire la statua e a risistemarne la base su cui poggia, visto che le intemperie hanno scoperto parte dei ferri che ancorano “La Tempesta”.

lunedì 2 luglio 2012

"Il diritto al lavoro non esiste"



di Massimo Fini - 01/07/2012

Elsa Fornero ha perfettamente ragione: non esiste alcun diritto al lavoro. Questo tipo di diritti, come quello alla salute o alla felicità, appartengono alle astrazioni della Modernità che nulla hanno a che fare con la vita reale. Sono diritti impossibili perchè nessuno, foss'anche Domineddio, può garantirli. Esiste, quando c'è, la salute, non un suo diritto. Esiste, in rari momenti della vita di un uomo, un rapido lampo, un attimo fuggente e sempre rimpianto, che chiamiamo felicità, non il suo diritto. Così è inutile sancire il diritto al lavoro se in una società il lavoro non c'è. Ciò che in una società moderna possiamo pretrendere è un'altra cosa: l'assicurazione, da parte della collettività, di una vita dignitosa anche per chi il lavoro non ce l'ha e non lo può trovare.



L'articolo I della Costituzione afferma solennemente : “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Questo articolo è espressione delle culture liberiste e marxiste che, insieme a quella cattolica (che peraltro del lavoro ha una concezione molto diversa) che hanno contribuito a redigere la nostra Costituzione. Il lavoro diventa infatti un valore solo con la Rivoluzione industriale di cui queste culture, prettamente economiciste, sono figlie. Per Marx il lavoro è 'l'essenza del valore', per i liberisti è esattamente quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso 'plusvalore'. In epoca preindustriale il lavoro non è un valore. Tanto che è nobile chi non lavora e artigiani e contadini lavorano per quanto gli basta. Il resto è vita. Non che artigiani e contadini non amassero il proprio mestiere (che è qualcosa di diverso dal 'lavoro' tanto che c'è chi dubita che in epoca preindustriale esistesse il concetto stesso di lavoro come noi modernamente lo intendiamo - R.Kurz, 'La fine della politica e l'apoteosi del denaro'), certamente lo amavano di più di un ragazzo dei call-center, di un impiegato, di un operaio che, a differenza del contadino e dell'artigiano, fanno un lavoro spersonalizzato e parcellizzato, ma non erano disposti a sacrificargli più di quanto è necessario al fabbisogno essenziale. Perchè il vero valore, per quel mondo, era il Tempo. Il Tempo presente, da vivere 'qui e ora' e non con l'ansia della 'partita doppia' del mercante che disegna ipotetiche strategie sul futuro. Questa disposizione psicologica verso il lavoro era determinata dal fatto che in epoca preindustriale, come ho già avuto modo di scrivere, non esisteva la disoccupazione. Per la semplice ragione che ognuno, artigiano o contadino che fosse, viveva sul suo e del suo. E non doveva andare a pietire un'occupazione qualsiasi da quella bestia moderna chiamata imprenditore.



"L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. In realtà, come ogni Paese industrializzato, è fondata sulla schiavitù. Perchè siamo tutti, o quasi, come scriveva Nietzsche, degli “schiavi salariati”. A differenza dell'artigiano e del contadino la nostra vita, la nostra stessa sopravvivenza, non dipende più da noi, ma dalla volontà e dagli interessi altrui.



Il Primo Maggio noi celebriamo, senza rendercene nemmeno più conto, la Festa della nostra schiavitù. C'è da aggiungere che noi moderni abbiamo utilizzato nel peggiore dei modi le straordinarie tecnologie che pur proprio noi abbiamo creato. Oggi le macchine potrebbero lavorare per noi. Ma invece di utilizzarle per liberarci da questa schiavitù, costringiamo gli uomini, sostituiti dalle macchine, a cercare altri lavori, più infimi e disumani e sempre che li trovino. Ecco perchè nasce il 'diritto al lavoro'. Paradossale perchè in realtà è un 'diritto alla schiavitù'.