lunedì 14 aprile 2008
NEPAL, VINCONO I COMUNISTI. LA STORIA NON INSEGNA
PROPRIO QUANDO E' PIU' FORTE LA REPRESSIONE CINESE. DOPO CHE LA STORIA HA IDENTIFICATO IN MAO (E I SUOI SEGUACI VEDI POL POT)UNO DEI PIU' SANGUINARI DITTATORI MAI ESISTITI, IL NEPAL, VICINO DI CASA DEL TIBET INVASO E REPRESSO, VOTA E FA VINCERE I COMUNISTI. LE BOTTE E GLI ARRESTI COMPIUTI DALLA POLIZIA NEPALESE NEI CONFRONTI DEI MANIFESTANTI TIBETANI DELLE SCORSE SETTIMANE SONO STATE TRISTEMENTE PROFETICHE. Giancarlo D'Anna
Primi risultati del voto: gli ex guerriglieri verso la maggioranza assoluta Nepal, trionfo elettorale in nome di Mao «Saremo una repubblica comunista» Assemblea costituente Sconfitti i partiti principali del regno himalayano: presto l'addio del re KATHMANDU (NEPAL) - I maoisti avrebbero ottenuto 61 seggi sui 108 già assegnati. E il trend si annuncia identico in tutte le circoscrizioni Dalla reincarnazione di Vishnù a un capo comunista che prende a modello Mao e i combattenti rivoluzionari di Sendero Luminoso in Perù. Basta questo per cogliere la portata del mutamento dopo le elezioni di giovedì scorso in Nepal. I primi risultati ieri davano per netta la vittoria del partito guidato dal 52enne Pushpa Kamal Dahal, meglio noto con il nome di battaglia: Prachanda, «Il terribile». «Un successo molto più ampio del previsto », dichiaravano ieri sera gli osservatori. I maoisti avrebbero ottenuto il controllo di almeno 61 seggi dei 108 nei distretti elettorali già scrutinati e sarebbero in testa anche in molti dei restanti.
Altri due partiti importanti, i marxisti-leninisti ed il centrista Congresso Nepalese, non sembra avessero superato sino a ieri sera i 16 seggi ciascuno. «Una svolta inaspettata. Sino a pochi giorni fa si pensava che la formazione di Prachanda sarebbe arrivata solo terza. Invece potrebbero persino guadagnare la maggioranza assoluta», ha osservato Lok Raj Baral, ricercatore al Centro di Studi Strategici di Kathmandu. La conseguenza immediata è di portata storica: la fine della monarchia dopo 238 anni di regno incontrastato su di una popolazione che supera i 27 milioni e in una regione-cuscinetto dove oggi più che mai pesano le sfide poste dalla crescita economica e politica di India e Cina. Gli esponenti maoisti sembrano infatti destinati a giocare la parte del leone tra i 601 membri dell'Assemblea costituente che dovrebbe riunirsi a breve.
ABOLIZIONE DELLA MONARCHIA - «L'eclissi della casa reale era inevitabile. Re Gyanendra ha praticamente firmato la sua deposizione nell'aprile 2006, quando dopo le grandi manifestazioni popolari di allora ha accettato di limitarsi ad un ruolo puramente cerimoniale e si è accordato con Prachanda per un percorso destinato a mettere ai voti una nuova costituzione. Presto, entro pochi mesi, l'Assemblea costituente voterà dunque l'abolizione della monarchia e l'avvio di una repubblica laica e comunista», ci dice per telefono dalla capitale nepalese Prateek Pradhan, direttore del quotidiano in lingua inglese The Kathmandu Post. Un'evoluzione maturata comunque da almeno un decennio di turbolenze interne. Il malcontento contro la corruzione della casa reale e le sue ricchezze in uno dei Paesi più poveri dell'Asia sfociò infatti già nel 1996 con la crescita violenta della rivolta comunista. In 10 anni i morti sono stati almeno 13.000. Ma il colpo di grazia venne nel 2001, quando l'allora re Birendra e i membri della sua famiglia vennero trucidati nel palazzo reale. L'assassino venne identificato con il figlio del re, che poi si suicidò. Ma in Nepal molti sono convinti che l'ispiratore possa essere stato lo stesso Gyanendra. Un'ombra che ha screditato non poco la figura del monarca, considerato dalla tradizione indù locale come incarnazione diretta del dio Vishnù. Nel 2005 Gyanendra tentò quindi di imporre il proprio potere assoluto. Un un anno dopo fu però costretto dalle rivolte di piazza a trattare con i maoisti. Ma anche Prachanda potrebbe non avere vita facile. Le sue recenti aperture in chiave moderata all'economia di mercato sono viste con sospetto dalle ali più radicali. Già nel sud una dozzina di movimenti ultrarivoluzionari lo accusano di aver «capitolato al capitalismo» e minacciano nuove violenze.
Lorenzo Cremonesi dal CORRIERE DELLA SERA
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