lunedì 16 agosto 2010

Piantar l'albero per chi seguirà.



Il XX secolo è stato definito in vari modi: come secolo dell'ingresso nell'era atomica, della decolonizzazione, della liberazione sessuale, degli «estremi» (Eric Hobsbawm), della «passione del reale» (Alain Badiou), del trionfo della «metafisica della soggettività» (Heidegger), della tecnoscienza, della globalizzazione, ecc. Il XX secolo è stato certo tutto questo. Ma è anche il secolo dell'apogeo del consumismo, della devastazione del pianeta e, per contraccolpo, della preoccupazione ecologica. Per Peter Sloterdijk, che caratterizza la modernità col «principio sovrabbondanza», il XX secolo è stato innanzitutto il secolo dello spreco. Scrive: «Mentre, per la tradizione, lo spreco era il peccato per antonomasia contro lo spirito di sussistenza, mettendo in gioco la riserva sempre insufficiente di mezzi di sopravvivenza, un profondo cambio di senso è avvenuto attorno allo spreco dell'era delle energie fossili: si può dire che oggi lo spreco sia il primo dovere civico. Il divieto di frugalità, che ha sostituito il divieto di spreco, s'esprime nei costanti appelli per sostenere la domanda interna».Non si confonda lo spreco con la spesa ostentata, già tipica delle vecchie aristocrazie. Infatti essa non si separava mai da un elemento di gratuità e generosità, totalmente mancante nella società mercantile attuale. Adam Smith definiva ancora lo spreco come un cedere alla «voglia di godere l'istante». E nella vecchia borghesia la frugalità era ancora un valore cardinale, come elemento d'accumulazione del capitale. Col capitale che s'alimenta da solo, come oggi, e crea sempre nuovi valori, da tempo il tappo è saltato. L'obsolescenza programmata dei prodotti è l'uno dei principi dello spreco.
All'inizio del XXI secolo, che s'annuncia come il secolo dove il «fluido» (Zygmunt Bauman) tende a sostituire ovunque il solido - come l'effimero sostituisce il duraturo, come le reti sostituiscono le organizzazioni, le comunità le nazioni, i sentimenti transitori le passioni di un'intera vita, gli impegni puntuali le vocazioni immutabili, gli scambi nomadi i rapporti sociali radicati, la logica del Mare (o dell'aria) quella della Terra -, si constata che l'uomo avrà consumato in un secolo riserve costituite dalla natura in trecento milioni d'anni. Se ne traggano le conclusioni.
di Alain de Benoist -

1 commento:

alessandro ha detto...

il capitalismo ha in se i germi dell'autodistruzione del creato, se non guidato da principi-baluardo come la morale, l'equità, la tolleranza,la socialità. Questi principi dovrebbero essere garantiti da un ruolo politico, per evitare che i più deboli soccombano.Ergo: ritengo che le grandi ricchezze siano frutto di sopraffazione ed illeciti, sicuramente di scarsa attenzione morale, sociale ed ecologica.