lunedì 25 agosto 2008

La Via della Seta tra storia e regime.



Sono appena tornato dal un lungo viaggio tra Uzbekistan, Kirkizistan e il Turkestan Orientale occupato dai cinesi (Xinjjang ). Un viaggio in una zona centrale dell'antica Via della Seta. Non è stato facile, una serie di imprevisti legati ad alcune decisioni del governo cinese hanno comportato diversi cambiamenti di programma ad iniziare dalla chiusura di un passo, quello di Toroghart che ci ha costretti ad una non facile altenativa: quella del passo Irkishtam al oltre 3800 metri per una strada tutta buche e polvere. Il panorama del Pamir ha compensato il disagio. Alla frontiera cinese si capisce subito che aria tira in Cina. Ci hanno sequestrato una semplice guida turistica della Cina per il solo fatto che Taiwan non viene in quel testo definita come appartenente alla Repubblica Popolare Cinese. Chilometro dopo chilometro, controlli, militari ovunque. Alla televisione le olimpiadi trattavano solo della Cina, dei cinesi, le altre Nazioni non esistevano.Addirittura hanno mostrato interviste di americani che elogiavano le Olimpiadi cinesi e Tibetani che battevano le mani agli atleti cinesi. Tutto questo mentre in alcune città di periferia resistono monumenti alla "rivoluzione culturale" di Mao e mentre in altre città primeggiano le insegne di Kentaky Fried Chiken, della Coca Cola e del consumismo occidentale. Insomma il peggio del comunismo e del capitalismo.

Per fortuna alcuni stupa buddisti continuano a svettare nel deserto cinese nonostante il tempo passato. Una testimonianza che la forza delle idee e i valori del principe Sakyamuni che animano anche il popolo Tibetano resistono e vincono il tempo e l'indifferenza.

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