QINHUNGDAO - Basta uscire dal villaggio olimpico, attraversare la strada ed entrare in un internet caffè: per demolire l'enorme gioco di prestigio con cui il governo cinese ha illuso il mondo di aver allentato la morsa della censura sul web non occorre fare altro.
Se ci si connette a internet da un qualunque posto pubblico, un posto normale, "per cinesi", di quelli che che non hanno niente a che vedere con il matrix olimpico, si scopre che non è vero niente. La censura governativa sui siti ritenuti scomodi c'è ancora, eccome.
L'esperimento, fatto tre giorni fa, è stato ripetuto in quelli successivi.
Ebbene, ecco il risultato: la pagina della Bbc in cinese, la prima che il governo di Pechino aveva annunciato di aver sbloccato, non si apre. E non si apre nemmeno la pagina di Amnesty International (quella internazionale).
I blog poi sono un miraggio. Tutti quelli ospitati su splinder non vengono nemmeno presi in considerazione.
E non funziona nemmeno Facebook.
Escluso che si sia trattato di un problema tecnico passeggero: "Qui quelle pagine non le abbiamo mai aperte", spiegano i ragazzi clienti del internet caffè.
A fine luglio la Cina era stata costretta ad annunciare il ridimensionamento della censura web dopo la condanna unanime della comunità internazionale.
Preoccupati per il pessimo ritorno di immagine, quelli del Comitato olimpico internazionale hanno di fatto obbligato i burocrati del Bocog (il comitato organizzatore) a ritornare sui propri passi e a garantire - come da promessa iniziale - "un'Olimpiade libera".
Dopo l'annuncio della retromarcia del governo cinese, in molti si sono chiesti se l'allentamento della censura fosse una misura definitiva oppure se, una volta finita l'Olimpiade, tutto sarebbe tornato come prima.
Ma già per il presente la "libertà", come si è visto, non riguarda tutti.
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