giovedì 22 maggio 2008
L'INIZIO DI UNA NUOVA ERA
(di Marcello de Angelis) - È nata la Nuova Italia. Come sempre la storia fa le cose all'improvviso e nulla può essere come prima. Non starò a dire che tipo di epoca sia terminata, lo sanno tutti. Inutile parlare di fine di conflittualità ed odii retaggio di guerre antiche, incivili e dimenticate dalla stragrande maggioranza degli italiani, che anzi da tempo mostrano noia e disinteresse per la retorica delle eterne contrapposizioni irrisolute ed irrisolvibili.
Non è più il caso di parlarne, appunto. Parliamo piuttosto di quello che sarà, senza trionfalismi e senza rivendicazioni di merito. Siamo arrivati sin qui facendo ognuno il proprio dovere. Per l'Italia. E ora è il momento di rimboccarsi le maniche, per fare ancora di più.
Il fatto che i cittadini della Capitale (e tra loro molti elettori del centrosinistra) abbiano scelto di essere rappresentati da Gianni Alemanno è un'indicazione precisa. «Di una persona non mi interessa da dove viene, bensì dove va» avranno commentato molti ex oppositori ed avversari citando la famosa massima di Mao. E Alemanno si sa dove va. Al contrario dei suoi predecessori - e come già fece prendendo la guida di un ministero che secondo molti era secondario se non inutile - Alemanno va al lavoro, per Roma e per i romani. E lavorerà sodo.
Ma non si tratterà di una risorsa unicamente romana. Il sindaco della Capitale ha una proiezione mondiale e tutto ciò che riuscirà a realizzare resterà nella storia.
A noi tutti toccherà il compito di risvegliare, ognuno nel proprio contesto, la consapevolezza degli italiani di essere comunità, l'entusiasmo per la rinascita di una Nazione.
Il lavoro sarà soprattutto volto all'informazione ed alla comunicazione di questa storica rinascita. I nostri colleghi di molti dei maggiori media sembrano voler essere gli ultimissimi a rendersi conto che la realtà che si trova fuori dalle redazioni non è più in sintonia con quello che raccontano e descrivono. I più intelligenti se ne stanno accorgendo, anche se tardivamente, e cominciano a dichiarare la loro cessata disponibilità a tenere in vita i pregiudizi e le letture forzate di un'epoca ormai scomparsa.
D'ora in poi conterà solo ciò che verrà realizzato, non da dove venga chi lo realizzerà. Una persona onesta sarà una persona onesta anche se suo padre ha perso una guerra. E un uomo sciocco e stupido o prepotente ed arrogante non lo sarà di meno perché da giovane ha sfilato tra le fila dei vincitori o sfila oggi sotto la bandiera "giusta".
Nessuno meriterà di essere odiato per le letture che ha fatto, per i sogni che ha coltivato o per non aver voluto chinare il capo dinanzi ai cambiamenti dei rapporti di potere.
I fustigatori di professione dovranno cercare il difetto nella specifica del presente, non più scavando negli archivi di memorie più o meno di parte.
La persona più amata da un italiano tornerà ad essere ogni altro italiano, perché unito nel perseguimento di un comune obiettivo: ridare dignità e benessere a tutti ed ognuno.
Bisogna crederci. Bisogna avere speranza ed ottimismo, per la prima volta da decenni. Bisogna lasciar andare il pessimismo della ragione e riscoprire l'ottimismo della volontà. La guerra è finità, c'è una Patria da ricostruire.
Un futuro fatto di strade e ferrovie, di serenità e sicurezza, di concordia e collaborazione, di solidarietà e tutela di ognuno per l'altro, di fratellanza.
Un popolo che si inchini dinanzi al sacrificio di ognuno che abbia, con il lavoro, con l'impegno sociale, col sacrificio della vita, costruito l'Italia. Un popolo consapevole di essere l'erede di un grande tesoro, un tesoro da trasferire integro se non accresciuto alle generazioni che verranno.
Un popolo, una nazione e una bandiera. Bella, bellissima perché di tutti insieme.
Fino a ieri era solo un sogno. Ancor prima un sogno sognato solo da pochi. Oggi è una volontà di molti e un'opportunità di tutti.
Colleghi giornalisti, avete una nuova missione: non più descrivere la realtà come conviene a pochi, ma raccontare agli italiani la realtà di tutti. Perché la realtà si può migliorare con la scelta delle parole e delle informazioni, ma non si può modificare, facendola apparire diversa da quella che è, nella speranza di condizionare le scelte e gli umori di quelli che guardano alla nostra professione per formarsi un'opinione.
Non sentirsi più al di sopra degli altri, una casta privilegiata armata di pennino, pronta a infilarlo nella schiena di chi ci pare per sentirci più potenti.
Si può servire il pubblico senza fare del male, senza vendette, senza acrimonia, costruendo anziché distruggendo. È una bella sfida, per chi la vuol raccogliere.
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