lunedì 5 maggio 2008

LA LIBIA I MISSILI E CALDEROLI


Il IV° Governo Berlusconi deve ancora sorgere e già fioccano polemiche circa la sua possibile composizione. Il primo a gettare benzina sul fuoco è stato Saif El-Islam Gheddafi (nella foto a fianco), figlio del leader della rivoluzione libica che, per chi non lo ricordasse, nel 1970 espropriò inopinatamente i beni della maggior parte dei nostri connazionali residenti in Libia. In merito alla possibilità che Roberto Calderoli ottenga la guida di un dicastero, il figlio di Gheddafi si è espresso arrivando a paventare: "....ripercussioni catastrofiche nelle relazioni tra l'Italia e la Libia" (dichiarazione tratta da Il Corriere della Sera del 4.05.2008). Le critiche di Saif El-Islam Gheddafi trovano origine nei disordini che il 17.02.2006 scoppiarono nella città libica di Bengasi, conseguenti ad un'intervista televisiva in cui Calderoli si presentò indossando una maglietta anti-islamica, e che portarono all'assalto del consolato italiano da parte della popolazione. Da ciò sorsero scontri con la polizia e si registrarono undici vittime tra i dimostranti. A parere di Saif El-Islam Gheddafi, Calderoli è da ritenere "....il vero assassino dei cittadini libici morti in quell'occasione" (dichiarazione tratta da Il Corriere della Sera del 3.05.2008). Di fronte alle parole del figlio del leader libico, l'intero mondo politico italiano ha dimostrato solidarietà nei confronti di Calderoli, mentre la Lega Araba, ossia l'organizzazione internazionale di rappresentanza dei Paesi arabi, non ha assunto una posizione chiara tra asserzioni, precisazioni e smentite. Sull'argomento è intervento anche Massimo D'Alema, in qualità di Ministro uscente degli Affari Esteri, il quale ha riconosciuto come le parole di Saif El-Islam Gheddafi rappresentino un'intollerabile ingerenza nella vita politica italiana. Episodi come questo rappresenterebbero un'occasione per porre in evidenza dispute mai risolte tra l'Italia e la Libia, problemi che da circa quarant'anni, minano i rapporti tra i due Paesi. Tra le varie questioni, infatti, vi sarebbero il passato coloniale, l'esproprio dei beni di molti degli italiani residenti in Libia e la loro espulsione dal Paese, il lancio di missili libici contro Lampedusa ed i dubbi circa il rispetto da parte libica degli accordi in materia di immigrazione. Affrontare adeguatamente tutti questi problemi richiederebbe un lavoro approfondito che, comunque, esulerebbe dalla questione emersa in questi giorni. In primo luogo occorre definire in quali vesti Saif El-Islam Gheddafi ha pronunciato le parole che hanno irritato il mondo politico nostrano. Attualmente, infatti, non mi risulta che questo signore ricopra incarichi di diplomatici o di governo nel proprio Paese. Di conseguenza, credo che le sue affermazioni abbiano lo stesso peso che si può attribuire a quelle di qualunque altra persona che intende esprimere un'opinione. Se, invece, le idee di Saif El-Islam Gheddafi rappresentano il punto di vista del padre e della nomenclatura del regime di Tripoli, allora vi sarebbe lo spazio per alcune considerazioni. Desterebbe non poche perplessità, infatti, che un Paese totalitario come la Libia potesse dispensare consigli ed avvertimenti nei confronti di uno Stato sovrano i cui vertici politici sono democraticamente eletti. Non credo, infatti, che il regime libico goda di un'autorevolezza politica tale da poter giudicare il nostro corso istituzionale. Se Calderoli diverrà ministro, sarà per volontà della coalizione che è risultata vittoriosa alle elezioni del 13-14 aprile. Non mi pare, invece, che la famiglia Gheddafi governi la Libia in virtù di una qualunque forma di investitura popolare. La polemica in corso scaturisce da una questione di ordine religioso. Mi pare, però, che il rispetto per la sensibilità altrui trovi quasi sempre affermazione in senso unilaterale. I musulmani, infatti, si stracciano le vesti di fronte alla maglietta anti-islamica di Calderoli e alle vignette su Maometto pubblicate dai giornali danesi. Nessuno, invece, dice alcunché se in alcuni Paesi arabi e non si uccidono preti e vescovi e si prendono d'assalto e si incendiano le chiese cristiane. Appare doveroso, quindi, esprimere alcune considerazioni sia nei confronti dei musulmani che dei sedicenti cristiani. Premesso che ogni fede religiosa dovrebbe godere di tutela, i primi dovrebbero risconoscere a tutti il rispetto e la tolleranza che dagli altri desiderano ed i secondi dovrebbero difendere la cristianità nel mondo, compresi i contesti in cui non sussistono interessi economico-commericali e comprese le realtà in cui i cristiani rappresentano esigue minoranze.

Filippo Rossi

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