sabato 26 gennaio 2008

PRODI CADE. L’ITALIA PUO’ TORNARE A SPERARE.




(di O.K. – destrasociale.org) - Quando intervistai Gianni Alemanno (era l’inizio di gennaio) gli chiesi sconfortato se secondo lui il Governo Prodi sarebbe prima o poi caduto. Se insomma c’era speranza. Lui mi rispose che sarebbe successo sicuramente qualcosa verso febbraio. Oggi é il 25 di gennaio e Prodi -giusto ieri- ha rassegnato le dimissioni al Capo dello Stato. Le ha rassegnate dopo oltre due anni di pressappochismo politico, dimostrando che la sinistra più che esser vittima di Mastella, è vittima di se stessa.

Mastella questa volta non è stato “Clemente”: ha spinto il Governo più deludente della Seconda Repubblica in un profondo dirupo, per la gioia di molti se non di tutti. Ma attenzione a non far dell’homo novo di Ceppaloni un martire della magistratura ed un eroe d’Italia: perché la memoria -ricordiamocelo- ha un valore che va ben oltre questa o quella ricorrenza. E la nostra memoria ci ricorda che il “Clemente Furioso” già fece il cosiddetto “salto della quaglia”. Erano altri tempi, potrebbe mugugnare qualcuno, ed il berlusconismo era soltanto agli inizi. Balle. E lo sappiamo tutti.

Altro dato: la sinistra inveisce (e come dargli torto?) contro Mastella. Legittimo, ma l’ex Ministro di Grazia e Giustizia per contro prima gli cita Pablo Neruda (sbagliando, perché in realtà quella è una poesia della poetessa brasiliana Martha Medeiros “Morte devagar”) poi gli dice “é finita”. Ma chi è causa dei propri mali -in fondo- pianga se stesso. La sinistra ha ululato alla Luna durante tutti e cinque gli anni di Governo del centrodestra: ma che hanno fatto -i prodi- una volta andati al Governo? Nulla. Chi ha governato in questi ultimi anni ha dimostrato di non saper neppure dove mettere le mani, salvo poi esser riusciti a peggiorare qualunque cosa toccassero. Prodi & c. si sono mossi come una sorta di Re Mida dei nostri tempi, ma alla rovescia: roba da sperare che non si accorgessero di noi. Della nostra esistenza. Tutti a pregare affinché facessero pippa: perché non far niente era il minore dei mali. L’Italia aveva bisogno di guarire, aveva bisogno di “dottori seri” e questi qui invece, sembrava giocassero “all’allegro chirurgo” sulla nostra pelle.

Curioso che i fautori dello slogan “Uniti si vince” ricordino semmai quella canzone di Cocciante che faceva "Se stiamo insieme ci sarà un perché". Si appunto, ma qual era il “perché”? Per l’antiberlusconismo? Per migliorare l’Italia? Oppure il ragionamento è stato: facciamoci vedere uniti, vinciamo le elezioni e poi quel che sarà, sarà. Soltanto oggi (alla faccia del tempismo) ci fanno con garbo sapere che tutto sommato mancava una linea condivisa: peccato che fino a poco più di due anni fa ci sventolavano un tomo lungo quanto "I Miserabili", dicendo che era il loro programma di Governo, in cui dentro però c'era tutto ed il suo esatto contrario. Ma questo lo dicevamo noi eretici e blasfemi.

Ieri sera, in alcune città d’Italia -saputo della “caduta”- erano partiti addirittura dei caroselli. Non avevamo vinto il mondiale di calcio, non c’era traffico, ma si sentivano i clacson delle auto. Divertente, certo. Ma per un attimo mi sembrava d’essere in chissà quale paese del sud america. Perché tanto entusiasmo per la caduta di un Governo, per quanto comprensibile, non è mai cosa buona. Perché questa reazione denota non soltanto quanto sia stato negativo l’operato del Governo, ma anche il grado di disperazione dei cittadini della sempre più povera Italia. Quel che doveva essere il Governo dell’Avvento verrà ricordato come il Governo delle tasse, delle liberalizzazioni farsa e del dolce far nulla. Il Governo del caso-Speciale e degli inghippi di Visco, il Governo che non ha fatto nessuna riforma e che vanta quell’unico amaro record de “La carica dei 103”. Cosa ci riserverà il futuro, lo apprenderemo in questi giorni.

Il centrodestra (come diceva Feltri mesi or sono) alla fine si è ricompattato perché non v’è altra alternativa. Ma che farà la CDL? Il giorno delle elezioni verrà: se non sarà domani, sarà entro qualche mese o magari un anno. Ma quel giorno per forza di cose verrà. Una cosa è certa: serve tempo per riordinare le idee. Serve tempo perché la gente non ha capito se “Forza Italia” ad oggi esiste oppure no, se “I Circoli della Libertà” organizzano campionati di Sodoku e di briscola chiamata o altro. Serve tempo per far capire alla gente se “Il Partito del Popolo delle Libertà” è un ectoplasma o semplicemente uno scioglilingua. Serve tempo perché l’unità del centrodestra sia tale solo e soltanto in nome della responsabilità e dell’interesse nazionale e non perché alla base ci sia un banale ritorno sulle poltrone che contano. Serve tempo per fare un programma convincente e largamente condiviso, ma che soprattutto tenga presente anche di quelle questioni etiche che potrebbero in futuro dividerci. Serve tempo per capire a chi verrà data la leadership e perché gli verrà data se non faremo delle primarie. Serve tempo per spiegare se ci saranno volti nuovi oppure no. Serve tempo, datemi retta, perché il centrodestra se prima non fa i conti con gli errori del passato, forse potrà vincere le elezioni, ma dopo un paio d’anni saremmo ancora qui a riparlarne.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

buona domenica a tutti

Anonimo ha detto...

la fretta fa i gattini ciechi e i governi di...merda. Preferenze subito!!!

Anonimo ha detto...

si alle preferenze vogliamo scegliere o non votiamo più!!!