C'è un momento raro e decisivo nella storia umana in cui una tirannia opprimente ed in apparenza definitiva rivela sulla superficie della sua implacabile struttura le prime sottili crepe del collasso imminente - consentendo così i primi sentimenti di speranza tra popoli a lungo oppressi e nazioni soggiogate. Questa transizione fu annunciata in Europa centrale ed orientale ed in alcune aree dell'Asia Centrale dall'abbattimento del muro di Berlino.
Per i popoli della Mongolia Interna, del Turkestan Orientale e del Tibet un momento simile può essere imminente. Il boom economico cinese ha creato enormi ed irrisolvibili problemi e conflitti che minacciano di lacerare la società cinese. La corruzione endemica, le disperate rivolte contadine, le agitazioni operaie su larga scala, la dura repressione delle religioni, la disparità economica che si espande, le devastazioni ecologiche, l'impossibilità di ricorrere alla giustizia e la quasi non-esistenza di una società civile, hanno provocato lo scorso anno, secondo i rapporti ufficiali cinesi, oltre 45.000 rivolte e dimostrazioni, molte delle quali violente, in tutta la Cina.
I Tibetani, gli Uyghuri del Turkestan orientale e i Mongoli hanno sempre desiderato unicamente di vivere liberi nelle proprie patrie indipendenti ma questo desiderio è stato frustrato e represso dalla Cina comunista per oltre 50 anni. E' un fatto storico che la Cina comunista abbia invaso il Tibet nel 1949-50, soverchiando e annientando una piccola armata tibetana che difendeva il proprio paese. E questo anche il caso del Turkestan Orientale e della Mongolia Interna, che furono occupati con la forza da truppe comuniste nel 1949. In nessun caso il dominio della Cina Comunista in questi paesi è stato ottenuto tramite il consenso del popolo o un processo storico.
Da allora la Cina ha sistematicamente demolito l'antico modello di vita di questi popoli, prima eliminando i loro governi legittimi e poi imprigionando, torturando e giustiziando molti dei loro tradizionali governanti, capi e guide religiose. Quando i popoli di queste nazioni rifiutarono di accettare tali ingiustizie e spoliazioni, l'esercito e la polizia cinesi schiacciarono ogni resistenza con spropositata violenza. Milioni di Tibetani, Uighury e Mongoli furono uccisi. Milioni furono imprigionati o deportati nei campi di lavoro forzato (laogai). I popoli di queste terre hanno, in passato, goduto di autosufficienza economica per i bisogni essenziali ma le politiche del governo comunista hanno causato ovunque il crollo della produzione agricola, ricorrenti carestie e denutrizione di massa, causa della morte di milioni di persone, soprattutto donne, bambini e vecchi.
Sotto lo slogan della "lotta rivoluzionaria" (douzheng), l'amministrazione comunista di queste regioni ha costretto e forzato le persone a spiarsi e tradirsi l'un l'altro, spesso impiegando anche i bambini per avere informazioni sui loro genitori e inducendoli a partecipare a pubbliche sedute di denuncia e "douzheng". Infatti, tutte le usanze tradizionali, i valori universali di amicizia, ospitalità, fiducia, rispetto, tolleranza, pace e compassione, furono considerati dalle autorità comuniste come "feudali" e "contro-rivoluzionari".
Negli anni della "Rivoluzione Culturale" la gente fu costretta a distruggere i propri templi, monasteri e moschee. Quasi tutti gli edifici e monumenti di importanza storica, culturale e religiosa in questi paesi vennero distrutti e i loro tesori ed oggetti d'arte saccheggiati e trasportati in Cina per i loro metalli preziosi o per essere venduti sul mercato dell'arte asiatico. Le ricchezze minerali, le foreste, l'acqua e le altre risorse naturali di queste terre sono stati, soprattutto negli ultimi venti anni, non solo sistematicamente sfruttati a beneficio della Cina, ma anche severamente danneggiate e l'ambiente devastato per le politiche estreme della leadership cinese.
Fino ad ore la politica cinese di trasferire la popolazione ha inondato la Mongolia Interna, il Turkestan Orientale ed il Tibet di immigrati cinesi, emarginando completamente le popolazioni indigene e facendone una minoranza nei propri paesi. Artigiani, piccoli commercianti, operai e lavoratori locali, sono stati completamente soppiantati dagli immigrati cinesi, causando tremendi problemi sociali e disagio psicologico tra le popolazioni native.
Tutto ciò mentre le spie, i vari organi della Sicurezza (gongan), le Unità Psichiatriche Statali (ankang) e l'"Esercito di Liberazione Popolare" procedono senza sosta nel loro compito di diffondere il terrore in quelle terre e indurre i loro popoli alla sottomissione.
Noi come singoli e le nostre associazioni oggi qui riunite sosteniamo con fermezza tutti i tibetani, uighuri e mongoli che nei propri paesi si alzano a chiedere l'indipendenza, e garantiamo il pieno sostegno a coloro che, all'interno, rischiano ogni cosa, comprese le proprie vite, nella ricerca di una patria libera e democratica. Chiediamo alla comunità delle nazioni di dichiarare che il Tibet, il Turkestan Orientale e la Mongolia Interna siano sciolti da ogni rapporto politico con la Repubblica Popolare Cinese, e da ogni futuro stato e governo cinese, e possano quindi essere nazioni libere ed indipendenti, ciascuna irrevocabilmente impegnata in un sistema di governo democratico, stabilito dalla libera volontà del popolo, e basato sul governo della legge e sul rispetto della libertà individuale.
Nel caso di Taiwan noi abbiamo una parodia di giustizia internazionale in cui una nazione pienamente indipendente, prospera e democratica, non è riconosciuta come tale dalle altre nazioni, soprattutto per la preoccupazione di dispiacere alla Cina comunista. Taiwan può essere stata un tempo parte della Cina, ma la maggior parte degli stati membri dell'ONU sono stati in un momento o l'altro della loro storia parte di un'altra nazione o impero. Taiwan è stata una provincia della Cina solo per un breve periodo tra il 1887 ed il 1895. Con il trattato di Shimonoseki (1895) l'isola fu ceduta al Giappone. Quali che siano state le diramazioni della sua storia, il popolo di Taiwan ha il diritto, come tutti i popoli del mondo, all'auto-determinazione; inoltre, tramite i loro proficui sforzi nel creare uno stato democratico, prospero e progredito, hanno più che guadagnato il diritto ad essere nazione. Le numerose e sempre più bellicose minacce cinesi di invadere Taiwan devono essere condannate dalla comunità internazionale e riconosciuto il diritto di Taiwan all'indipendenza.
Noi ci appelliamo alle singole nazioni del mondo e all'Organizzazione delle Nazioni Unite perché sostengano l'inalienabile diritto di uighuri, mongoli tibetani e taiwanesi ad una patria indipendente. Ci appelliamo agli Stati Uniti, la prima nazione democratica e liberale nel mondo, perché riconosca la giusta causa di questi popoli e li aiuti nel loro nobile richiesta di indipendenza, libertà e democrazia.
19th September 2006,Conference Room HC-9, U.S. Congress, Capitol Hill, Washington.D.C.
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