mercoledì 30 maggio 2012

Sanità, il Piano truffa, la storia e la farsa.



Una delle manifestazioni per la salvagurdia degli ospedali
Il Piano Socio Sanitario, quello che sta stravolgendo la Sanità, è stato votato dal Consiglio Regionale con tre anni di ritardo. Se da una parte si può e si deve contestare ed evidenziare la lunghezza dei tempi ,dall'altra non si può negare che tre anni in più potevano consentire, a chi l'avesse voluto , “d' imparalo a memoria” e quindi conoscerne vizi e virtù. Facendo parte della commissione Sanità e a quel tempo del Pdl, ho più volte chiesto nel direttivo regionale del partito di aprire un dibattito interno per analizzare quanto è stato sempre scritto il quel Piano e cioè:la riduzione dei posti letto per acuti, la concentrazione degli acuti pressoché in un'unica struttura (in provincia di Pesaro-Urbino nell'azienda Marche Nord-Ospedale Unico) e la trasformazione dei piccoli ospedali in lungodegenza-riabilitazione. Quel dibattito, più volte richiesto, non c'è mai stato. Non solo da parte dei vertici regionali dl Pdl c'è sempre stata una condivisione della strategia di Spacca che è orientata, come più volte è apparso anche sulla stampa, ad un ospedale per provincia. Tale teoria fu condivisa ed avvallata dall'allora ministro della Sanità del governo Berlusconi, Fazio, durante un incontro a Roma con parlamentari e consiglieri regionali delle Marche. In quella sede riportai le mie preoccupazioni sulle scelte del centrosinistra delle Marche in campo sanitario. Scelte che improntate su un'unico ospedale in provincia di PU “per il livello minimo di assistenza di cura su Area Vasta”, avrebbero portato alla trasformazione dei piccoli ospedali in lungodegenza e riabilitazione. La risposta fu lapidaria, “dovete andare d'accordo col centrosinistra su questa necessaria strategia”.

Evidenziai la crescente “rivolta” della gente e il madornale errore di spostare sulla costa anche i servizi sanitari. Lettera morta. Tornati da Roma ho continuato , da una parte a denunciare quanto stava accadendo, dall'altra ho presentato una lunga serie di emendamenti al Piano Sanitario, in commissione e successivamente in Consiglio Regionale, per cercare di bloccare o quantomeno ridimensionare lo svuotamento dei nostri ospedali, dall'altra, anche attraverso ben due manifestazioni a difesa del Santa Croce di Fano e degli ospedali delle Vallate del Cesano e del Metauro l'opera di sensibilizzazione e di denuncia su quanto stava accadendo . Quelle iniziative vennero”bollate” da esponenti del mio ex partito come “personali” e attuate solo per visibilità personale. Quando finalmente il Direttivo Provinciale del Pdl di PUdecise di affrontare, sull'onda del crescente malumore dei cittadini, la questione dell'Ospedale Unico, che è l'asse portante della strategia che coinvolge e condiziona tutte le strutture ospedaliere provinciali ,lo fece accuratamente il giorno nel quale non potevo essere presente.

Tanta gente con le idee chiare

Oggi, a Piano Socio Sanitario approvato, assistiamo a tardivi interventi a difesa di questa o di quella struttura arrivando a difendere la scelta dell'Ospedale Unico sulla costa e gli ospedali minori nell'entroterra evitando accuratamente di dire come stanno le cose. L'Ospedale Unico(Azienda Marche Nord) nasce per trasformare gli ospedali minori in lungodegenza in quanto è “l'unica struttura prevista per la copertura del fabbisogno di cura e assistenza su Area Vasta”. La cosa assurda è che il tutto nasce dall'approvazione della legge che creava l'Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord (l'incorporazione di Fano nell'azienda preesistente il San Salvatore di Pesaro) quella legge che ha aperto la strada alle attuali scellerate situazioni venne approvata con il solo voto contrario del sottoscritto e di un esponente dei comunisti italiani. Tutto il Pdl uscì dall'aula, avvallando di fatto quella scelta, ma anche fuori dall'aula non si udì una parola contro quelle strategie che ci hanno portato oggi a vivere la più grave e penalizzante situazione per la sanità in provincia di Pesaro-Urbino. Nel caos anche mediatico di informazioni e disinformazioni nascono oggi paladini ,della sanità diffusa, dell'ultima ora dalle ceneri di taciti consenzienti delle strategie del passato.

CINA: DISSIDENTE UIGHURA DENUNCIA, 'PERSEGUITATI MIEI FIGLI'

Rebiya Kadeer aduna recente manifestazione a Roma
   
   (ANSA) - PECHINO, 30 MAG - La dissidente uighura Rebiya
Kadeer, che dal 2006 vive in esilio negli Usa, ha denunciato l'
aggravarsi della persecuzione in Cina contro i suoi tre figli,
che stanno scontando pesanti pene detentive dopo processi tenuti
a porte chiuse e dalla dubbia regolarita'.
   Secondo Kadeer, i tre uomini sono stati costretti a firmare
documenti in base ai quali cedono allo Stato la proprieta' di un
centro commerciale di Urumqi, la capitale della Regione Autonoma
del Xinjiang, nel quale avevano i loro negozi centinaia di
commerciati uighuri. L' edificio sara' demolito, hanno
annunciato le autorita' locali.
   ''In violazione delle leggi cinesi e della decenza umana, le
autorita' cinesi non si fermano davanti a nulla pur di
tormentare i miei figli in prigione'', ha affermato Rebiya
Kadeer in una dichiarazione diffusa oggi. 
 

Insieme alla leader degli Uighuri
 ''Abbiamo visto in altri casi, come quello di Chen Guangcheng
(il dissidente cieco che dieci giorni fa e' riuscito a lasciare
la Cina dopo un' avventurosa fuga dagli arresti domiciliari),
che i funzionari cinesi provano una perversa soddisfazione nel
perseguitare le famiglie di coloro che parlano in difesa della
verita' e della giustizia'', ha aggiunto la dissidente.
   Il Xinjiang e' l' area di origine della minoranza etnica
degli uighuri, in maggioranza musulmani, che oggi sono circa il
40% dei 20 milioni di abitanti della Regione Autonoma, nel
nordovest della Cina.

martedì 29 maggio 2012

Bronzi di Pergola, maggioranza in ritirata.


Maggioranza in ritirata sui Bronzi di Pergola. Dopo aver presentato attraverso la consigliera del PD Ortenzi una risoluzione che se approvata avrebbe umiliato Pergola, la maggioranza di centrosinista, dopo l'appassionato intervento del Consigliere D'Anna, ha preferito chiedere il rinvio della discussione della risoluzione e delle mozioni sui Bronzi di Pergola. D'Anna nel suo intervento ha ringraziato i cittadini di Ancona che col loro silenzio hanno nel corso degli anni hanno  fatto capire che il luogo giusto per i capolavori è Pergola. D'Anna a contestato le premesse dell'Ortenzi che nel suo documento sostiene la tesi della"impossibilità di contestualizzare le statue, in quanto fin dall'antichità oggetto di trafugamento e quindi prive di un preciso contesto storico di riferimento" se passasse questo principio-denuncia D'Anna- si aprirebbe un pericoloso capitolo nel momeno in cui i Lisippo dovesse tornare in Italia.IRidicola la citazione dell'Ortezi sugli investimenti della REgione per i Bronzi, solo 130.000 euro contro diversi milioni di euro di Provincia di PU e Comune di Pergola. E visto che nel suo documento la consigliera del PD si "interroga su quale sia la collezione archeologia più importante del territorio regionale" D'Anna ha potuto mollare un destro: i numeri dei visistatori del Muoseo Pergolese, superano abbondantemente quelli del MUseo di Ancona. A questo punto ha concluso D'Anna se quel principio dovesse passare dovrebbe essere Ancona a trasferire il suo Museo a Pergola. Vista la mala parata la maggioranza ha suonato la ritirata.

domenica 27 maggio 2012

Ospedale Unico , una fregatura!


Quell'Ospedale Unico venduto come panacea di tutti i mali della Sanità, sostenuto trasversalmente, decantato come il meglio del meglio da sinistra come da destra passando attraverso la condivisione di molti amministratori che non hanno lesinato critiche ed accuse a chi ,sosteneva e e sostiene da sempre che la prima domanda da porsi era ed è : serve realmente un Ospedale Unico?



Quella domanda, partiti e amministratori, se la sono posta in pochi preferendo tacciare di campanilismo quanti credono in una sanità diffusa ed accessibile per tutti e non solo da chi vive sulla costa. Ebbene, proseguono i distinguo, le mezze retromarce. Strano perché era tutto scritto in documenti ed atti. Fu il Presidente della Commissione Sanità Regionale a dichiarare che l'Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord che si andava a costituire“serviva a rafforzare l'Azienda esistente -San Salvatore- in quanto non aveva più caratteristiche e numeri per mantenere lo status di Azienda” chiaro ed evidente che Fano è servita ,anzi è stata utilizzata per tutelare quell'Azienda. Quello che in passato accadde all'Ospedale di Mondolfo unendosi con Fano.



E' documentato che nel momento in cui in Regione è stata votata l'Azienda Marche Nord, c'è stata una fuga dai banchi del Pdl e di alcuni esponenti di sinistra tanto che quella legge, che non garantiva o tutelava Fano e l'entroterra è stata votata con il solo voto contrario del sottoscritto e da un esponente dei Comunisti Italiani.

Prima e dopo quella legge silenzio di tomba eppure era il primo passo verso l'Ospedale Unico che il Piano Socio Sanitario identifica come “unica struttura provinciale per la copertura del fabbisogno minimo di cura e assistenza su area vasta”. Poi l'ubriacatura politica dell'Ospedale Unico e il dissenso di buona parte dei cittadini che ,più di molti esponenti politici, si ponevano domande e avanzavano dubbi non sulla localizzazione bensì sulla necessità di un'unica struttura anche alla luce di investimenti del passato e recenti sulle attuali sedi di Pesaro e Fano.

Una battaglia di “retroguardia” quella a difesa degli attuali ospedali è stato il coro dei “partigiani” dell'Unico Ospedale. Invece i fatti, l'attualità, le carte e i cambiamenti di fronte e di opinione testimoniano che quella è stata una battaglia di avanguardia.

Il dibattito sulla localizzazione è stato un falso dibattito. A cosa serve un Unico Ospedale se poi, come è scritto, a conferma di quanto previsto dal PSS (piano socio sanitario), nella delibera di giunta Regionale 62 del 23 gennaio 2012 l'Ospedale Unico è “un'unica realtà ospedaliera che concentri su di sé tutte le eccellenze attualmente esistenti”. Tradotto niente di nuovo dal punto di vista dell'offerta dei servizi per i cittadini e rischio occupazione per i dipendenti.



Ai pasdaran dell'ospedale unico è bene ricordare che il “Gruppo di Lavoro per la Localizzazione del nuovo ospedale unico dell'Azienda Marche Nord” alla fine ha “scelto”il sito di Fosso Sejore del Comune di Pesaro per il solo fatto che , senza chiedere alle Ferrovie l'autorizzazione o la disponibilità, potrebbe sorgere una fermata dei treni al Fosso. Caduta quella possibilità scatta subito fuori il sito di Muraglia secondo in graduatoria. Il vero obiettivo. Cosa che sostengo da sempre . Strategia perseguita in sordina dal “grande vecchio” di quest'operazione. Il nuovo casello di Pesaro e le opere accessorie previste rafforzano questa , che è molto più di una ipotesi.

Ma se il comune cittadino ha altro a cui pensare, chi rappresenta i cittadini ha il dovere di vigilare e chiarire aspetti poco chiari dietro i quali spesso si nascondono le lobby. Le lacrime di coccodrillo servono a poco. Si rischia di fare la più modesta figura del pollo.

Anche perché il “rischio” per Fano e il resto della provincia non è solo quello di un Ospedale Unico a Muraglia. Nel caso in cui per una serie di motivi, ad iniziare da quelli economici e politici, non venga costruito un nuovo ospedale, l'Azienda, che opera in regime di diritto privato, può decidere della sorte delle strutture che la compongono :San Salvatore, Muraglia e Santa Croce. In altre parole in epoca di risparmi qualche cosa bisognerà ridimensionare, chiudere o vendere nel passato remoto e recente Fano, come l'entroterra è stata già penalizzata coi treni, con la caserma con l'Enel, con lo zuccherificio, di recente forse col tribunale e con la dogana troppo spesso a vantaggio di Pesaro. Questo si è campanilismo: ma al contrario.

giovedì 24 maggio 2012

ABKHAZIA TRA RICONOSCIMENTI E OPPORTUNITA'


Al Presidente


Assemblea Legislativa delle Marche



MOZIONE

Oggetto: MOZIONE sulla situazione dell'Abkazia e opportunità commerciali col paese del Mar Nero.



PREMESSO

che la Repubblica di Abkhazia, nazione di circa 250 mila abitanti, che si estende dal Mar Nero a nord-ovest verso la Russia, dopo una guerra di liberazione nazionale, e' dal 1992 una repubblica indipendente;

che la neonata Repubblica, ha ottenuto con grandi sforzi, il riconoscimento internazionale diventando autonoma de facto nell’agosto 2008;

che sebbene già 6 paesi nel mondo, abbiano riconosciuto l'Abkhazia, tra questi Russia e Venezuela, il paese sul mar Nero trova continui ostacoli nella strada per il proprio diritto al consenso internazionale;

che questa situazione di isolamento internazionale causa gravi problemi all’economia dell’ Abkhazia e impone grandi difficoltà ai cittadini che si vedono negata la possibilità di movimento all’estero in quanto visti e passaporti non vengono riconosciuti come validi e pertanto è impossibile per gli abkhazi viaggiare per motivi di studio, affari o turismo.

.CONSIDERATO

che da quasi un anno, la nostra regione vede intensificarsi le visite e le presenze delle autorità di governo della Repubblica di Abkhazia, in ultimo, ad aprile, il Ministro degli Esteri dr. Viacheslav Chirikba;

che tali contatti mirano ad aumentare e rafforzare il rapporto politico, economico e sociale con la nostra regione;

che la nostra Regione può diventare un punto di riferimento per agevolare il cammino di riconoscimento ed integrazione della Repubblica Abkhazia, anche proponendosi come possibile luogo d’incontro e soggetto mediatore tra rappresentanti dei governi georgiani e abkhazi

IMPEGNA

la Giunta Regionale affinché, in occasione della prossima visita del Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia, il Presidente della Giunta regionale possa incontrarlo per conoscere in modo approfondito la situazione di quella Nazione e valutare, inoltre, possibili risvolti economici e culturali col Paese del Mar Nero.

Si ricorda che, anche l'Abkhazia verrà coinvolta nell'evento delle Olimpiadi Invernali di Sochi 2014.




Giancarlo D’Anna

giovedì 17 maggio 2012

INCAPACI

SANTA CROCE, ASUR CONDANNATA A PAGARE I LAVORI CONTESTATI.


D'Anna:Camere operatorie mai entrate in funzione e camere mortuarie mal fatte.
 
Nuove camere mortuarie, inaugurate hanno già problemi

Non ha mai fine la vicenda delle 6 camere operatorie mai entrate in funzione all'Ospedale Santa Croce di Fano. Finanziate, progettate, ritenute necessarie almeno 20 anni fa ,non sono mai entrate in funzione privando Fano, gli utenti e i professionisti di moderne e indispensabili strutture. Tra i motivi un contenzioso con alcuni progettisti. Oggi con una sentenza l'Asur vine condannata al pagamento della parcella a quei professionisti che avevano elaborato e attuato quanto era stato loro ordinato. Della vicenda si sta occupando anche la Corte dei Conti.




Una vicenda che la dice lunga su come nella realtà le cose vanno diversamente da come vengono vendute alla gente.


Non è l'unica chicca. Sempre al Santa Croce dopo una lunga battaglia si è riusciti ad ottenere delle nuove camere mortuarie che avrebbero dovuto risolvere il problema della mancanza di spazi nelle vecchie camere mortuarie. Un problema tecnico, ma con dei risvolti umani non indifferenti. Ebbene le nuove camere mortuarie rese fruibili con enorme ritardo sono di nuovo un cantiere. Lavori contestati, fatti male e così chi vive il dramma della perdita di un defunto è costretto a farlo tra recinzioni ed impalcature. Una vergogna come dimostrano le foto che allego. Non solo, i vecchi spazi non sono stati mai definitivamente ristrutturati e lavori in alto mare così continua la scandalosa situazione di sempre: pochi spazi rispetto alle esigenze.


I defunti possono attendere!

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Il vecchio ingresso: doveva essere ristrutturato!

Questi signori che in 20 anni non sono riusciti a ultimare 6 camere operatorie e il nuovo edificio delle camere mortuarie si fanno paladini dell'Ospedale Unico. Di unico c'è solo l'incapacità a gestire il denaro pubblico e la sanità. Di “eccellenze” ci sono solo le chiacchiere di chi per nascondere errori clamorosi come quelli documentati vuole trascinarci nella madre di tutte le incompiute: l'Ospedale Unico. Si gestisca meglio il patrimonio immobiliare e professionale esistente questa è la vera sfida.

Lavori iniziati e mai terminati


Giancarlo D'Anna

Vice Presidente Commissione Sanità

mercoledì 16 maggio 2012

Bronzi, Ancona rinunci a rivendicarli


Ancona non è morta -come sostiene Sgarbi- ma non può vivere soffocando altre realtà.


Il massimo rispetto per la Città capoluogo di Regione, per la sua storia, la sua cultura ,la sua gente che in questi anni ho avuto modo di conoscere meglio e di apprezzare. Rispetto che credo si debba al resto del territorio delle Marche.

La questione dei Bronzi di Pergola non sembra andare in quella direzione. In quanto amministratore della città capoluogo di Regione credo che il sindaco Gramillano possa lanciare un segnale forte ed apprezzabile : rinunciare ad ogni pretesa sui Bronzi Dorati.

Che senso ha per una città come Ancona lavorare affinché una cittadina come Pergola ,che orgogliosamente in questi anni ha dimostrato di essere capace di difendere, valorizzare e utilizzare turisticamente i Bronzi, venga privata di un prezioso bene culturale indispensabile volano per l'economia di quella realtà?

Non abbiamo visto in questi anni da parte dei cittadini di Ancona un coinvolgimento, una partecipazione, una battaglia per avere quei Bronzi. Non si tratta di insensibilità. I cittadini di Ancona non sentono come propri i Bronzi di Pergola . Non hanno vissuto come i pergolesi l'entusiasmo della scoperta, la curiosità del restauro, l'orgoglio di mostrarli al mondo intero.

Solo questi aspetti dovrebbero essere sufficienti a far rinunciare ad uno scontro, ad una rivendicazione da parte di chiunque. Se siamo, come ci vantiamo, di essere una regione al plurale dimostriamolo nei fatti. Lasciamo a Pergola quello che è di Pergola.

lunedì 14 maggio 2012

Cultura,Arte e Turismo:un'occasione persa.


il sottoscritto Giancarlo D'Anna consigliere regionale del Gruppo Misto


PREMESSO

che recenti dati di mercato stimano in circa 300 milioni il traffico di turisti annuo verso le destinazioni cosiddette “culturali”;

che a Firenze, dal 18 al 20 maggio 2012, è in programma Art&Tourism la prima fiera internazionale dedicata al turismo culturale e dell’arte ;

che l' appuntamento fieristico toscano, unico nel panorama mondiale, punta a far convergere nel cuore dell’Italia il meglio dell’offerta culturale nazionale e internazionale e i principali operatori turistici;


che la fiera si rivolge ad “una platea internazionale ed eterogenea che spazia dalle pubbliche amministrazioni agli enti ed istituzioni culturali e turistici, dai musei e fondazioni alle agenzie di eventi, dalle più importanti gallerie d’arte fino alle società di servizi che operano nel settore culturale, passando per le istituzioni scolastiche e il mondo della formazione, sino agli  operatori turistici con il chiaro intento di creare il primo luogo al mondo di incontro, scambio economico  e interazione tra questi soggetti”;

che anche di recente il Presidente Gian Mario Spacca ad Ascoli alla I Conferenza provinciale sul turismo "Il marketing territoriale tra metodologia e operatività"“ ha ribadito, la condivisibile volontà di “Finanziare in formazione, promozione, web marketing e accoglienza per il secondo motore di sviluppo della nostra economia”.

Alla luce di quanto esposto

INTERROGA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PER CONOSCERE


per quale motivo la Regione Marche, nonostante l'enorme patrimonio culturale ed artistico di cui dispone, non è presente con un suo stand (vista tra l'altro la presenza del Comune di Ancona, la Provincia di PU e le Grotte di Frasassi , dando un'immagine confusa e divisa della nostra Regione)a Firenze all'appuntamento fieristico denominato Art&Tourism importante vetrina testimoniata anche da vari Patrocini come: Comitato delle Regioni, Ministero dei Beni Culturali,Presidenza del Consiglio dei Ministri, UNESCO, e tra i Media Partner il Giornale dell'Arte e la RAI.

Giancarlo D'Anna

venerdì 11 maggio 2012

I Bronzi a Pergola,il Lisippo a Fano.



MOZIONE A DIFESA DELLA PERMANENZA DEI BRONZI DORATI A PERGOLA


L'Assemblea Legislativa delle Marche

PREMESSO CHE

i Bronzi dorati di Cartoceto di Pergola sono l'unico gruppo in bronzo dorato di epoca romana esistente al mondo;

il gruppo equestre fu rinvenuto a Cartoceto di Pergola il 26 giugno 1946.

i Bronzi successivamente vennero sottoposti a restauro presso il Centro di restauro di Firenze, e successivamente esposti la prima volta al pubblico nella città toscana nel 1987;

che nel 1988 il gruppo equestre arrivò Pergola diventando il simbolo della città,orgoglio dell'entroterra e dell'intera provincia tanto che ci fu una vera e propria sollevazione nel momento in cui un blitz della Soprintendenza archeologica delle Marche voleva privare la città di Pergola dei Bronzi ;

il decreto ministeriale del 24 febbraio 1989 è stato istituito dal Ministero dei beni culturali un Centro operativo a Pergola, sotto la giurisdizione delle Soprintendenze per i beni ambientali e architettonici, per i beni archeologici e per i beni artistici e storici delle Marche;

in data 30 giugno 1993 al Centro suddetto venivano assegnati per esposizione permanente i Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola;

in data 1° luglio 1999, presso il Ministero dei beni culturali, fu sottoscritto tra il Comune di Pergola, la Provincia di Pesaro e Urbino, il Comune di Ancona e la Provincia di Ancona un impegno cui seguì, il 27 luglio 2001, una convenzione che prevedeva una alternanza espositiva periodica del gruppo dei Bronzi tra Pergola e Ancona;

nel 2002, il Sottosegretario al Ministero per i beni e le attività culturali on. Vittorio Sgarbi, in accordo con l'assessore alla cultura della Regione Marche, riteneva inammissibile la precedente decisione decidendo di lasciare i Bronzi a Pergola a tempo indeterminato;

con sentenza n. 3066/2008 il Consiglio di Stato, Sezione VI, ha considerato non valida la convenzione del 2001 sul pendolarismo dei Bronzi dorati tra le città di Pergola e Ancona per mancanza di sottoscrizione da parte del Ministero dei beni culturali e ha ritenuto prevalente la successiva decisione n. 100 del 2002 per la esposizione permanente dei Bronzi dorati presso il Centro operativo museale di Pergola;

il Comune e Provincia di Ancona hanno presentato, nel 2009, ulteriore Ricorso per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato;

nell'ottobre 2011, il Sottosegretario al Ministero per i beni e le attività culturali, Senatore Villari, confermò quanto i suoi predecessori avevano stabilito dichiarando che riteneva giusto che i Bronzi rimanessero esposti dove erano stati trovati;

il Consiglio di Stato , con sentenza depositata in data 23 novembre 2011, ha accolto il ricorso per revocazione presentato da Comune e Provincia di Ancona e, contraddicendo la precedente decisione n. 100 del 31 gennaio 2002 ;

nei giorni scorsi il ministero ha deciso che il gruppo scultoreo va affidato alla 'collezione archeologica più importante del territorio', cioè il Museo archeologico nazionale di Ancona.

la decisione del Ministero oltre ad essere ingiusta come ampiamente dimostrato, se applicata, crea un precedente che penalizza tutti i Musei della regione Marche a vantaggio esclusivo del Museo di Ancona creando serie preoccupazioni anche a Fano nel momento in cui aumentano le possibilità del rientro della statua del Lisippo;

impegna la Giunta Regionale ad intervenire presso il Ministero competente e il Governo :

affinché il gruppo dei Bronzi dorati rimanga a Pergola, confermando quanto stabilito dai Governi precedenti e dal Ministero per i beni e le attività culturali cioè l'assegnazione permanente del gruppo dei Bronzi dorati di Pergola alla cittadina della città , istituito con decreto ministeriale del 24 febbraio 1989 e confermato con decreto ministeriale 30 giugno 1993 . Di stabilire fin da ora che nel caso di restituzione del Lisippo, da parte della Fondazione Getty, la statua venga conservata ed esposta nella Città della Fortuna.

Giancarlo D'Anna

Consigliere Regionale Marche

mercoledì 9 maggio 2012

ELEZIONI RISULTATI E COMMENTO.


Ad ascoltare e leggere le reazioni di esponenti di partito, nazionali e locali, sui risultati elettorali si comprende che nonostante tutto non hanno capito o fanno finta di non capire cos'è accaduto e cosa continuerà ad accadere.


Grillo viene considerato solo un comico, proprio da chi sgomitava per farsi spiaccicare in faccia una torta nelle trasmissioni televisive sulle reti mediaset registrate al Bagaglino di Roma .

Si accusa l'antipolitica per risultati ed invece senza il Movimento 5 Stelle l'astensione sarebbe duplicata se non triplicata in alcune aree della Nazione. Può piacere o meno ma questa è la realtà.



Il segnale che viene dai risultati elettorali, a mio avviso, è quello di una rinnovata voglia di partecipazione e condivisione delle scelte da parte dei cittadini ad iniziare da quelli più giovani che trovano sulla rete un filo e un coinvolgimento diretto .



D'altra parte se a livello locale e nazionale i partiti tradizionali ,Pdl in testa, non sono stati capaci negli ultimi anni di fermare l'esodo di iscritti ed eletti come si poteva pensare di mantenere intatto l'elettorato senza pesantissime emorragie come quelle che si sono verificate nelle recenti amministrative?



Non è l'appoggio al governo Monti la causa di tali risultati, o meglio non è solo l'appoggio a Monti.



A suo tempo i grandi partiti si accordarono per nominare e non più eleggere i “rappresentanti del popolo” trasformandoli in “rappresentanti delle lobby “ legate ai segretari di partito . Senza un legame vero e sentito e senza la possibilità di un dialogo con i cittadini, buona parte dei parlamentari hanno contribuito a scavare un solco insuperabile tra popolo e parlamento. Così decisioni e scelte sono state prese senza un minimo di riscontro con il territorio, troppo spesso contro il territorio e chi lo vive.



La crisi è stata sottovalutata, sottaciuta eppure anche nella terminologia era chiaro il cambiamento epocale che si stava concretizzando. Molte Nazioni che in passato venivano definite “paesi del terzo mondo” sono diventate “paesi in via di sviluppo” poi per trasformarsi in “paesi emergenti”e perfino “tigri asiatiche” eppure le scelte i provvedimenti dei Governi, anche precedenti l'incarico a Monti, sembra non ne abbiano valutato attentamente gli sviluppi, anzi in molti casi è stata finanziata e agevolata la delocalizzazione di imprese italiane all'estero. Le poche voci contrarie che si sono levate all'interno dei partiti a tali scelte scellerate sono state sempre isolate e svilite, messe a tacere.

A crisi economica conclamata ancora una volta si è fatto finta di niente.”stiamo meglio di altre Nazioni” era la parola d'ordine. Oggi “scopriamo” che a stare peggio di noi c'è solo la Grecia dalla quale non siamo nemmeno tanto distanti. Non si è nemmeno compreso che sarebbe stato opportuno quel segnale forte di ridimensionamento del numero dei parlamentari e tutto quello che gira intorno ad iniziare da quel “finanziamento” pubblico ai partiti, specie dopo i recenti fatti di cronaca tra ville e diamanti

. Lo stesso discorso vale evidentemente per Regioni, Province meno per i comuni sopratutto per quelli più piccoli dove le difficoltà spesso vengono affrontate solo grazie all'impegno dei sindaci.

Che si “approfitti” della crisi per fare piazza pulita di quelle incrostazioni che ci accompagnano da decenni e che in tutta onestà sono state tollerate sottaciute e in parte condivise nei periodi di “vacche grasse”.

Il riequilibrio internazionale della ricchezza che vede uno spostamento dall'occidente all'oriente è sotto gli occhi di tutti. Prendiamone atto ed agiamo di conseguenza. E' finito il tempo della “ricchezza”senza produzione quella ricchezza fatta di carta e di carte. Quello che arriva facilmente altrettanto facilmente se ne va. E visto che questa è una Nazione che ha saputo dimostrare nella sua storia di avere la forza di superare i momenti difficili è giunto il momento di dimostrare che nel DNA è ancora presente quella forza e quella capacità di affrontare e risolvere le situazioni. Non è sufficiente però. E' necessario, quindi, formare e far crescere una classe dirigente preparata ed attenta che sappia coniugare tradizione ed innovazione che non insegua la chimera dei luoghi comuni e degli slogan e dello sviluppo a tutti i costi ad iniziare da quelli di una crescita infinità che ha pesantemente contribuito a farci arrivare a questo punto.

L'Italia e i territori che la compongono hanno un grande potenziale economico: quello storico,culturale, paesaggistico,turistico al quale necessariamente si legano una serie infinite di attività. Un'offerta senza pari al mondo verso la quale dobbiamo canalizzare l'interesse di quelle nazioni che oggi vivono il loro boom economico.

martedì 8 maggio 2012

Sanità soldi buttati alle ortiche.



Una delle camere operatorie di Fano mai entrata in funzione


Altro che integrazione funzionale - dichiara il vicepresidente della Commissione Sanità Giancarlo D’Anna -, Fano è rimasta buggerata dall’Azienda Marche Nord. Prima perché nella costituzione dell’Azienda, nella legge che istituiva l’Azienda Marche Nord o per essere precisi la legge che ha rafforzato l’azienda che già c’era, il San Salvatore, non ha avuto garanzie. Poi perché, l’anno dopo, nei fatti si è redatto un atto aziendale che mortificava Fano. E’ una realtà sotto gli occhi di tutti, utenti e professionisti del Santa Croce, ai quali rinnovo stima, fiducia e apprezzamento per il lavoro che svolgono e continuano a svolgere nonostante tutto. Oggi con l’aggiornamento dell’Atto Aziendale previsto dalla determina 285 del maggio 2012 la situazione non migliora. Un documento lungo a volte confuso e volutamente generalista per poi giustificare interpretazioni di comodo.




Evidenziamo alcuni aspetti dell’aggiornamento. Un’Azienda, Ospedali Riuniti Marche Nord, come punto di riferimento per l’Area Vasta? Un obiettivo più consono al ruolo di un ospedale di rete, non ad un Azienda che avrebbe dovuto risolvere i problemi della sanità a nord delle Marche. Non è l’unica chicca dell’aggiornamento dell’Atto Aziendale del Marche Nord. Si evidenzia, ad esempio,la realtà che la provincia di Pesaro può contare solo su un OSPEDALE AZIENDA CHE AGISCE IN REGIME DI DIRITTO PRIVATO con sede legale a Pesaro per il resto l’unico presidio di rete che rimane è quello di Urbino (fino a quando?) considerando che gli altri presidi hanno sempre meno le caratteristiche di ospedali per acuti.



In compenso, a giochi fatti si vuol far passare il messaggio di coinvolgimento e partecipazione nelle scelte e così per convocare l’ufficio di direzione devono forse prenotare un cinema vista la mole di auditori previsti ma senza diritto di voto. A cosa serve? Il collegio di direzione deve essere un organismo snello a supporto della direzione aziendale, tuttalpiù di volta in volta si possono invitare per essere ascoltati i soggetti interessati! Più che un ufficio di Direzione ci sembra un’assemblea pubblica nella quale tutti si sfogano e dibattono su scelte già prese. Per le scelte più delicate, niente condivisionecon l’art. 44 dell’Atto Aziendale, Aldo Ricci si da un ampio mandato nell’acquisire consulenze esterne.

Degrado delle "nuove "camere operatorie"

Quel Ricci che continua a spendere soldi nel Santa Croce per ristrutturare reparti e allo stesso tempo si adopera per costruire un l’Unico Ospedale della Provincia di PU in quanto, parole sue, il Santa Croce, come il San Salvatore è vecchio. Vecchio sarà il modo di gestire in questo modo il danaro pubblico. Ci sono ancora 6 camere operatorie mai entrate in funzione per le quali si è speso denaro pubblico, per le quali lo stesso Ricci aveva garantito la fine dei lavori entro il 2011 dopo dieci ani di attesa. Perché Ricci sempre solerte a fare conferenze stampa anche quando compra una siringa nuova non ne indice una per chiarire questa vergogna? Perché non quantifica una volta per tutte quanto è stato speso e si sta spendendo nel Santa Croce per poi buttare tutto alle ortiche in nome dell’Ospedale Unico?”.



lunedì 7 maggio 2012

Lisippo e cultura, la risposta di Clini alla lettera aperta



Centro vitruviano, Clini a D'Anna: "Il Lisippo lo dobbiamo meritare"


«Non si può esaltare la romanità puntando solo sul folklore della Fano dei cesari e far morire il centro vitruviano»

FANO - Caro Giancarlo, grazie intanto della risposta che denota un interesse alle questioni sollevate che è la prima condizione perché qualche cosa possa essere fatto. Scrivo per meglio chiarire il mio pensiero esprimendo anche una certa soddisfazione per le reazioni che le mie dichiarazioni hanno sollevato nella logica davvero, come tu dici, di unire le forze ed operare seriamente per la valorizzazione delle grandi e solide ricchezze della nostra città. Non sono ovviamente contro la restituzione del Lisippo. Ciò che è stato sottratto illegalmente va restituito. Ma non ne facciamo solo una questione legale. Perché essa sarebbe vanificata in assenza di un progetto culturale serio e ribadisco, serio. Cogliamo l’occasione, in un momento economicamente difficile, per dare una risposta anche a questa crisi puntando sulla valorizzazione di un territorio dalle potenzialità straordinarie. Penso a un triangolo “d’oro”, Fano Urbino Pesaro che ha tutte le caratteristiche per porsi come straordinario centro culturale di eccellenza. Bisogna appellarsi anche alla Provincia, e alla Regione soprattutto che riconosca in questo triangolo, non me ne vorranno gli altri territori, la più straordinaria eccellenza culturale marchigiana su cui forse bisognerebbe credere di più. Pensiamo solo al possibile asse Fano Urbino tra Vitruvio, classicità e Rinascimento, a Pesaro e alle sue eccellenze musicali oltre che storico artistiche. Pensiamo a un territorio che ha dato i Natali a Raffaello, a Bramante, a Rossini e, molto probabilmente, allo stesso Vitruvio. Credo, e non penso di esagerare, che pochi territori al mondo possono vantare queste eccellenza. Se poi arrivasse il Lisippo ciò potrebbe costituire la chiusura di un cerchio che però, ribadisco, richiede grande serietà, responsabilità e impegno dei nostri amministratori e di tutte le componenti che possono intervenire in un progetto di valorizzazione di questo territorio.



Ribadisco quanto affermato. Il Lisippo lo dobbiamo meritare, i nostri crediti ce li dobbiamo costruire. Non con le parole o i vani proclami a cui siamo troppo spesso abituati ma con azioni serie e concrete. Mi auguro di non essere strumentalizzato in queste mie affermazioni. Non mi interessa per nulla la logica delle appartenenze o la difesa di specifiche parti politiche. Cerchiamo di essere cittadini che vanno oltre ciò, anche se capisco che è molto difficile. Cittadini che osservano la propria città e cercano sempre da chi ci guida (non solo amministratori ma tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nel sostegno alla cultura di questa città) coerenza tra parole e azioni. Non si può, ripeto, da un lato esaltare la propria romanità puntando solo sul folklore della Fano dei cesari o sulle ricostruzioni da baraccone e dall’altro far morire un centro come quello vitruviano unico al mondo e davvero in grado di dare prestigio e credibilità culturale alla nostra città. Non si può chiedere il Lisippo se non abbiamo un progetto globale di valorizzazione della nostra anima culturale. Non possiamo guardare al mondo se non sappiamo trovare sinergie con il nostro territorio, con Urbino, con Pesaro, con la Provincia con la Regione, superando le piccole “beghe” di natura politica che, purtroppo, spesso sono proprio quelle che impediscono di sedersi tutti insieme attorno a un tavolo. Ma hai ragione, non rassegnamoci. Sono d’accordo. Io sto combattendo una battaglia per far sopravvivere questo Centro. Ma farlo sopravvivere non a tutti i costi, ma accettato e accolto da una città che sa in interrogarsi su che che cosa sia bene per sé e per i propri cittadini. Farlo sopravvivere perché sia un tassello di quel bene Comune di cui la Cultura, intesa come anima critica della nostra coscienza, è componente essenziale. Credo di aver irritato molte persone che contano. Come Presidente di questo centro non avrò più forse lunga vita. Ma già il risultato di aver suscitato qualche reazione come la tua stessa lettera credo sia positivo. Io sono solo un tecnico, non posso andare oltre sulle scelte politiche. Spero davvero che tu e altri che hanno responsabilità e competenza possano davvero fare qualcosa per gettare il cuore di questa città oltre l’ostacolo.





Paolo Clini

Presidente Centro Studi Vitruviani

domenica 6 maggio 2012

Lisippo e Cultura a Fano

Lettera aperta a Paolo Clini
 


Caro Paolo ho letto con molta attenzione la tua nota,alcuni punti ,e appunti che tu fai, sono condivisibili. La vicenda del Centro Vitruviano va sicuramente sanata i suoi obiettivi seriamente rilanciati . Sentiamo parlare di Vitruvio da sempre, ci siamo cresciuti ,ce ne vantiamo quando parliamo della nostra città , è sicuramente un valore aggiunto di alta qualità un Centro studi che coinvolga studiosi da una parte e si concretizzi, dall'altra ,con quel museo della classicità che viene proposto. Ma permettimi la battaglia di restituzione del Lisippo non è una battaglia di propaganda. Non lo è, almeno, per chi ci ha sempre creduto, si è adoperato, ha denunciato, ha messo faccia e dedicato tempo a questa battaglia. Poi come sempre più spesso avviene c'è chi, spendendo l'ultima parola crede di seppellire il lavoro che altri hanno svolto. La città però è attenta e conosce, ha imparato a conoscere, riconoscere e valutare situazioni e persone.

E' vero, la vicenda irrisolta del Teatro Romano non è un bel biglietto da visita per una città che vanta la storia e le origini che ha. E' una vicenda fin troppo lunga che si trascina da un'amministrazione all'altra. Ben inteso non è facile chiudere questo capitolo ma i risultati ad oggi non sono assolutamente soddisfacenti.

Approfittiamo dunque della vicenda Lisippo per mettere in rete le varie situazioni sospese per creare e sviluppare un progetto culturale di spessore che necessariamente deve inserirsi in una proposta turistica seriamente concorrenziale con altre realtà. Non è solo o esclusivamente una questione di risorse economiche, che pur hanno la loro importanza. E' una questione di capacità di evidenziare, comprendere e valorizzare quel patrimonio che abbiamo la fortuna di possedere o di vederci restituito. Lasciami concludere con alcune parole pubblicate a suo tempo dal Los Angeles Times relative alla vicenda Lisippo-Getty: “quella della restituzione delle opere d'arte alle Nazioni di provenienza è una battaglia morale, una Fondazione non può esporre capolavori acquistati in modo illecito.”Combattiamola dunque questa battaglia morale.

Concordo con te, “meritiamoci” il patrimonio che abbiamo ma non rassegnamoci se ci sono problemi irrisolti ,indipendentemente dalle cause o responsabilità. Su questa e altre importanti vicende facciamo “comunità” tiriamo fuori idee, grinta, orgoglio, l'operatività. Ce n'è bisogno.

Giancarlo D'Anna

sabato 5 maggio 2012

Ritorno alla civiltà contadina, è possibile?


Produrre solo ciò che è necessario. Un ritorno alla civiltà contadina è possibile?




di Nunzio Di Pillo - 04/05/2012


"Un contadino è prima di tutto un uomo libero"

Chi è un contadino? Prima di tutto è un uomo libero (il vento e la pioggia possono entrare nella mia casa, ma non il re d'Inghilterra).



Credo che in tutta la cultura dei popoli che noi abbiamo definito 'primitivi' l'uomo è libero.



Libero all'interno della sua cultura, che è nata con lui e si trasmette attraverso la sua filogenesi (il meccanismo di trasferimento dei caratteri specifici attraverso le generazioni). Tutte le specie di animali gregari hanno questo patrimonio, indispensabile per la sopravvivenza e la stabilità del branco dentro il quale ciascun individuo trova la sua collocazione gerarchica e il suo ruolo senza avvertire questo come una costrizione.



Questo concetto appare chiaro dalla lettura di alcuni testi di Konrad Lorenz, che la nostra cultura dominante illuminista e sostanzialmente creazionista, ha accuratamente marginalizzato.



Per quel poco che ho potuto osservare, questo carattere è comune a tutte le culture dei gruppi etnici ancora non completamente contaminate: dagli indiani del Nord America a quelli che sopravvivono nella foresta primaria dell'America Latina, o agli aborigeni del Kalahari e dell'Australia.



In un certo modo, penso, questa stessa qualità della nostra specie ha trovato il modo di sopravvivere anche all'interno della società contadina nell'area geografica in cui si è sviluppata la cultura occidentale durante gli ultimi millenni. Essa ha trovato il suo spazio di sopravvivenza nel volgo rurale, almeno laddove non è stato impedito dal latifondo, che ha ridotto queste masse popolari al livello di salariati precari, come è stato ad esempio nel mezzogiorno italiano.





La figura più emblematica del contadino ha potuto sopravvivere sino alla fine della seconda guerra mondiale

Dove, invece, i possessori delle terre hanno preferito frammentarle ed affidarle alla responsabilità del coltivatore (ad esempio in enfiteusi, mezzadria, o anche affitto) lì è nata la figura più emblematica del contadino, che ha potuto sopravvivere sino alla fine della seconda guerra mondiale.



Questa forma di gestione della terra ha già le caratteristiche di un'impresa perché, pur rimanendo sostanzialmente fuori dall'economia di scambio, è basata sui meccanismi di un'impresa dove il rischio dell'esito produttivo delle attività svolte è a carico del capo famiglia. Egli è libero di fare le scelte di impiego delle risorse, ma è obbligato a fare fronte agli impegni sociali ed economici della famiglia, deve anche imporre al nucleo familiare le scelte di gestione delle risorse disponibili (comprese quelle umane).



All'interno di questo sistema, le regole di comportamento tra i singoli individui sono dettate e sostenute, in larga misura, da pulsioni filogenetiche universalmente riconosciute, non costituiscono coercizione ma sono percepite da tutti come un'esigenza etica oggettiva da soddisfare.



La forma più evoluta di questa società si è realizzata attorno al bacino del mediterraneo, dove le condizioni naturali climatiche e pedologiche hanno consentito lo sviluppo di un'impresa familiare molto articolata che comprendeva molteplici attività produttive, non solo agricole, ma che si estendevano a quelle artigianali come falegnameria, edilizia, trasformazione dei prodotti agricoli (come caseificazione, fermentazione, ecc.) e persino culturali come musica, poesia, magia. Tutto questo largamente sostenuto dalla consuetudine del lavoro collettivo di scambio e aiuto reciproco.





Nella civiltà contadina le regole di comportamento tra i singoli individui sono percepite da tutti come un'esigenza etica oggettiva da soddisfare

Questo mondo familiare è efficacemente integrato nei piccoli nuclei sociali dei villaggi, ciascuno caratterizzato da una sua propria individualità (che arrivava sino alla formazione di un proprio 'dialetto' che differiva anche su distanze brevissime di qualche chilometro).



In questa entità locale le famiglie trovano tutti i riferimenti culturali ed i servizi dei quali possono avere bisogno, come l'autorità politica locale, il parroco, lo speziale, il fabbro, ecc. Questo faceva sì che, salvo eventi straordinari o catastrofici, molti potevano nascere e morire nello stesso luogo, serenamente, senza essere afflitti da bisogni artificiali.



In molti altri luoghi della terra lo stesso meccanismo primario accennato all'inizio, che assicurava la libertà di ogni individuo presso i 'primitivi', è sopravvissuto nelle varie società rurali in maniere diverse a seconda delle condizioni ambientali locali.



Ad esempio, come riferiscono alcune ricerche sociali canadesi, gli epigoni indiani a sud della baia di Hudson, hanno potuto conservare (sino agli anni 70 del secolo scorso) la loro identità sociale ed il loro sistema di vita in una società itinerante con cicli annuali attraverso le gelide e immense foreste della regione, organizzati in nuclei familiari retti da un'etica largamente sovrapponibile a quella della nostra società contadina. Questo anche se la loro economia era basata solo sulla caccia e sullo scambio di pelli di animali selvatici con una società francese (la Compagnie de la Baye) sorta nel XVIII secolo, credo ancora esistente. Un piccolo studio su questo tema ha per titolo Ma femme, ma hache et mon couteau croche (Mia moglie, la mia ascia ed il mio coltello curvo).





È possibile tornare ad una civiltà in cui si produce solo ciò che è veramente necessario?

Tutto questo discorso ha come scopo di chiarire il concetto di base dal quale trae origine la mia maniacale pretesa di ritorno alla civiltà contadina. Per dire che è inutile sognare di una vita bucolica e frugale, che non è mai esistita, come rifiuto della nostra attuale società catastrofica; quello che è passato è passato per sempre.



Quello che potrebbe forse essere ancora possibile è di riferirsi a quella cultura per capire quanto grave e aberrante è la nostra concezione del bisogno e quanto assurda sia l'idea di raggiungere il benessere aumentando il numero dei bisogni. Quando l'unica via è invece quella di eliminarli.



Questo è lo scopo essenziale della mia iniziativa: far nascere un'attività che, pur essendo economicamente sostenibile, non miri solo al profitto, ma riconduca i partecipanti a produrre solo quello che era considerato come necessario per soddisfare i bisogni naturali e non per raggiungere un fantomatico benessere.



Un'ultima cosa: sappiate che quando, da ragazzo, ho avuto la fortuna di vedere da vicino la realtà della vita rurale (solo cinquanta anni fa), nessuno ancora aveva avuto la percezione del 'bisogno' della carta igienica e pensate a quanti chilometri quadrati di foresta consumiamo oggi, ogni anno, per soddisfarlo.






















































Fano e il Lisippo di nuovo sul Los Angeles Times



Jason Felch, del Los Angeles Times  nel 2006 a Fano
 Jason Felch, giornalista del Los Angeles Times che nel 2006 invitai a Fano per la vicenda Lisippo- statua che è esposta appunto nei pressi della città americana- e che a suo tempo pubblicò,dopo due giorni trascorsi a Fano, un corposo servizio con apertura sulla prima pagina sulla stata dell'Atleta di Fano, mi ha segnalato un articolo di poche ore fa pubblicato sul prestigioso quotidiano grazie al materiale che gli ho girato e gentilmente fornitomi dall' avvocato Tonnini e dal Prof.Berardi  di "Cento Città" che ringrazio. 

venerdì 4 maggio 2012

Lisippo:le battaglie perse sono quelle che non si combattono


E' proprio vero le "battaglie perse sono quelle che non si combattono" quando alcuni anni fa dopo un viaggio negli USA rilanciai la battaglia per la restituzione del Lisippo c'era molto scetticismo (esclusi quei pochi che da sempre si sono seriamente impegnati per la restituzione) eppure seguirono un incontro a Roma all'ambasciata Americana tra l'addestto culturale Statunitense Mark Smith e una delegazione delle Marche, ci fu l'interesse del Los Angeles Times che inviò a Fano un suo giornalista che pubblicò un corposo servizio su Fano il Lisippo e le nostre rivendicazioni con apertura in prima pagina del prestigioso quotidiano, poi la denuncia delle Cento Città tramite l'avvocato TullioTonnini che ha portato alla decisione di ieri che riapre le speranze. Non è stato tempo perso, non è stata e non è una battaglia senza speranza. Le battaglie perse sono quelle che non si combattono, questa non è ancora finita ma la strada è quella giusta e doverosa.


giovedì 3 maggio 2012

Quando



Plutarco
 "chi sa parlare sa anche
 quando
 è il momento di parlare."