venerdì 11 settembre 2009

Rifiuti e Riciclo



Continua l’inchiesta condotta dalla procura di Paola sulla motonave Jolly Rosso affondata nel lontano ’90 in condizioni molto sospette. Da allora il grande mistero sui bidoni, trasportati dall’imbarcazione, che avrebbero dovuto essere smaltiti sui fondali marini e che causa maltempo sarebbero finiti sulla costa per poi sparire nell’entroterra.
Continua l’inchiesta condotta dalla procura di Paola sulla motonave Jolly Rosso Sebbene la nave Jolly Rosso abbia finito di svolgere “la propria missione” nel lontano 14 dicembre 1990, non è ancora cessato l’effetto devastante causato dalla sepoltura illecita dei rifiuti trasportati su di essa.
Siamo in Calabria, a Serra d’Aiello vicino al torrente Oliva. Proprio nei mesi scorsi l’inchiesta condotta dalla procura di Paola è riuscita a localizzare in questa zona l’area in cui i rifiuti radioattivi sono stati depositati.
A distanza di qualche mese dall’individuazione di questa fetta di terra il procuratore della repubblica di Paola, Bruno Giordano, conferma che la radioattività nell’area del cosentino presenta livelli oltre la norma. “Non sappiamo cosa ci sia nell'area di Serra d'Aiello dove sono stati depositati rifiuti radioattivi. Di sicuro la radioattività strumentale è molto più alta del normale, da tre a sei volte, e si è registrato un incremento notevole, rispetto al circondario, di leucemie e tumori”.
Le persone decedute perché affette da neoplasie provocate dalla radioattività dei rifiuti sarebbero decine e decine, ma come sostiene Giordano il picco di incidenza di patologie e di morti di più persone anche dello stesso nucleo familiare si è avuto otto o dieci anni addietro.
L’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha individuato i radionuclidi come il cesio e lo stronzio e malgrado le sostanze si siano degradate nel corso degli anni, chiunque compia delle misurazioni in quella zona ne rileva una quantità al di sopra del normale.
"L'accertamento della presenza del materiale deve coincidere con la bonifica del sito"Ma tutto questo non basta. “L'accertamento della presenza del materiale deve coincidere con la bonifica del sito. Per sapere cosa c'è sepolto in quel sito bisogna scavare con tutti gli accorgimenti e le cautele del caso. Allo stato non si possono fare, in questo senso, affermazioni categoriche. Certo, da questo punto di vista ci vuole prudenza perché lo scavo non può essere fatto con una semplice ruspa. Ci vuole attenzione perché non si può mettere a repentaglio la vita delle persone”, aggiunge Giordano.
Queste le ultime rivelazioni di una verità che, a poco a poco, sta venendo a galla nonostante l’ inchiesta sia segnata da mille ostacoli. Il 13 maggio scorso, infatti, il gip Salvatore Carpino si è trovato ad archiviare il sospetto di affondamento doloso per la Jolly Rosso e truffa pendente sugli armatori Messina i quali hanno festeggiato dichiarando che quest’atto chiude una stagione di “accuse infondate, calunnie, subdole diffamazioni e campagne stampa fondate sul nulla. Si è trattato di un incidente a causa del mare in burrasca”.
Secondo quest’ultima tesi sarebbe dunque inutile continuare le indagini di un caso risolto, ma soprattutto sarebbe inutile ipotizzare retroscena immorali che si nascondono dietro la motonave Jolly Rosso: traffici via mare di rifiuti tossici, imbarcazioni in condizioni estreme mandate sul fondo del mare ricolme di scorie e ancora agenti segreti, politici, massoni e membri onorati della ‘ndrangheta.
Bruno Giordano non si accontenta e continua la sua lotta alla ricerca di una verità i cui tasselli, via via, si stanno ricomponendo.
Prudenza e determinazione sono le parole d’ordine.

Nessun commento: