mercoledì 29 aprile 2009

CRISI NAUTICA: MOZIONE URGENTE DI D'ANNA IN REGIONE



MOZIONE URGENTE

A iniziativa del Consigliere regionale Giancarlo D’Anna
“ Problematiche relative al trasferimento delle linee di produzione della Benetti sulla costa Tirrenica”
L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELLE MARCHE
PREMESSO
CHE:
Il Settore Nautico è diventato uno dei settori più produttivi per la Regione Marche e il sito Benetti in Fano è una delle realtà più importanti nella produzione di imbarcazioni fino a 30 metri.

CHE L’azienda Benetti, leader in Europa nella nautica da diporto e leader mondiale per la costruzione di motoryachts con dimensioni superiori a mt 24, ha un fatturato nell’anno nautico 2007-08 di quasi un miliardo di euro e siti produttivi a Torino, Piacenza, Viareggio, Livorno e Fano.

CHE a seguito dell’ attuale momento di difficoltà del settore nautico è stata palesata dalla proprietà l’intenzione di cessare l’attività di allestimento a Fano, trasferendo la produzione allo stabilimento di Viareggio.

CHE lo stabilimento di Fano impiega 250 dipendenti, di cui c.a. 180 in area allestimento, e crea un indotto di circa 300 persone, sviluppando un fatturato di 50 milioni di euro. Se confermata, la scelta di trasferire le fasi di allestimento, determinerà:
una riduzione dell’occupazione interna dagli attuali 250 addetti a circa 70 operatori di vetroresina, penalizzando le professionalità più qualificate;
l’azzeramento di fatto dell’occupazione legata all’indotto dell’azienda, che sta già vivendo un momento di forte crisi, anche finanziaria;
la riduzione del fatturato dagli attuali 50 milioni di euro a circa 7;
l’azzeramento di qualsiasi possibilità di ripresa per il sito fanese, anche quando il mercato uscirà dalla recessione;
la perdita di professionalità e competenze di eccellenza, sia interne che collegate all’azienda;
alti costi sociali a carico del territorio, con gravissime difficoltà economiche per numerose famiglie;
generale perdita di visibilità per il territorio, anche a livello internazionale, e ritorno di immagine finora garantiti dalla presenza a Fano degli armatori, i loro equipaggi e dei personaggi del jet-set legati al mondo della nautica.

IMPEGNA IL CONSIGLIO E LA GIUNTA REGIONALE

Affinché si adoperi presso la Proprietà dell’azienda , intavolando un confronto per stimolare e favorire il mantenimento in Regione delle attuali linee di produzione, evitandone il dannoso trasferimento nella costa tirrenica a tutela dell’occupazione dei dipendenti e dell’indotto esistente nel territorio di Fano e della Provincia di Pesaro Urbino.

SERGIO RAMELLI : MOLTO PIU' DI UN RICORDO

29 APRILE 1975-29 APRILE 2009

martedì 28 aprile 2009

D'ANNA CHIEDE IL NUMERO LEGALE IN REGIONE: LA MAGGIORANZA NON C'E'


Ancora una volta manca il numero legale in Consiglio Regionale, a chiedere la verifica è stato ancora il Consigliere Regionale del PdL Giancarlo D’Anna al momento del voto sulla proposta di legge 292 “Disposizioni a sostegno dei diritti degli stranieri immigrati” “ Puntualmente a una certa ora c’è un fuggi fuggi generale di consiglieri e assessori, così succede che la maggioranza non ha i numeri per votare le leggi che propone”. Non è un comportamento serio e rispettoso del mandato ricevuto. Può capitare di essere assenti per diversi motivi, ma arrivare in Consiglio, firmare e poi andarsene dopo qualche ora non è tollerabile. La richiesta di verifica di numero legale ha creato parecchi mugugni e diverse telefonate di esponenti di maggioranza per richiamare in aula i consiglieri e assessori assenti. Neppure il temporeggiamento del Vice presidente dell’Assemblea Comi è riuscito nell’intento di far si che si raggiungesse il numero legale. Morale 20 presenti su 40 il numero richiesto era 21. E’ giunto il momento di prendere provvedimenti contro chi abbandona l’aula prima della fine dei lavori- dichiara D’Anna- anche perché come sempre c’è la beffa: senza la verifica del numero legale, per le statistiche gli assenti che in precedenza hanno firmato risultano presenti in aula.

Mentre la città dorme....

Atteso da decenni è stato finalmente posizionato il ponte pedonale sul cavalcaferrovia di viale Battisti a Fano. I pedoni e i ciclisti oggi saranno più sicuri.

lunedì 27 aprile 2009

Non ne posso più di questa overdose di valori



di Vittorio Feltri

Quest’orgia di valori è nauseante. I valori della resistenza, i valori della Costituzione, i valori della famiglia, i valori del cristianesimo... I valori i valori i valori. Più ne parlano e più li strapazzano e meno si ha la percezione di cosa siano. Nel linguaggio politico sono diventati luoghi comuni, tic lessicali, banalità, moneta bucata. Quando uno, nell’affanno di dover esprimere un concetto o concludere una frase, incespica e sta per annegare nel proprio eloquio stenterello si aggrappa al primo valore che gli viene in mente. Un ragazzo uccide la fidanzata o la mamma o il fratello o un amico o un passante? Chi è chiamato in tivù a commentare la tragedia, dopo aver dato fondo al bagaglio delle banalità, aggrotta la fronte e con aria da pensatore stitico afferma: il problema è che i giovani di oggi non credono più nei valori, nel valore della vita. Applausi del pubblico. Ogni uomo di partito si appella ai valori: i valori della destra, i valori della sinistra, i valori della democrazia, i valori della Patria. E i valori immobiliari? Quelli non si esaltano, si accumulano. Di Pietro ha addirittura fondato l'italia dei valori che rende di più della Borsa Valori.
Ieri i telegiornali erano inzuppati di valori della liberazione. Da sessantaquattro anni il 25 aprile, a pranzo e a cena, ci servono pane e valori della lotta partigiana, sempre lo stesso pane rancido. La liberazione è come il Festival di Sanremo e l'elezione di miss Italia: ci tocca.
Consola l'assenza di Pippo Baudo davanti al cippo dei caduti, ma non compensa il enso di stanchezza provocato dalla logorrea degli oratori resistenziali, da Napolitano all'ultimo presidente rionale dll'Anpi. Ai quali quest'anno – che Dio lo abbia in gloria – si è affiancato Berlusconi non sapendo rinunciare a unirsi al coro delle ovvietà patriottiche. Tu quoque, Silvio. Che depressione ascoltare il nostro Cavaliere errante in Abruzzo mentre elenca il menu “valoriale” di giornate.
Scusate lo sfogo, cari lettori, ma non ci importa nulla della liberazione, è storia antica, raccontata male, distorta a scopo propagandistico, deformata da vicende famigliari, e dal desiderio di rimuovere una colpa collettiva: l'adesione in massa al fascismo fino al 24 aprile, dopo di che tutti in piazzale Loreto a sputacchiare sul “Puzzone” e sulla ragazza giustiziata con lui in puro stile talebano; così per divertimento. Che è pur sempre un valore aggiunto.
A noi preme piuttosto la Libertà, quella che riusciamo con fatica a conquistarci giorno dopo giorno col lavoro e il rispetto delle leggi, persino quelle idiote approvate in mezzo secolo da un Parlamento dove prevale ogni interesse tranne quello del popolo considerato ormai una parolaccia. Altro che resistenza ci vuole per sopportare le insegnati finte malate da tre anni e la spesa sanitaria nelle regioni del Sud, miliardi (di deficit) sprecati in ospedali costruiti col lego, citando solo due cosette registrate ieri dalla cronaca.
In nome della libertà mi prendo la licenza di irridere alla liberazione e alle sue ipocrisie. E spengo il televisore sulla faccia di un Franceschini che si intorcina fra valori.

venerdì 24 aprile 2009

SANITA': D'ANNA L'ASSESSORE ALLA SANITA' FINGE DI NON SAPERE


Le recenti dichiarazioni dell'Assessore Mezzolani sull’Ospedale Unico-Ospedali Riuniti evidenziano una chiara strategia: da una parte una proposta di legge, la 294 vaga e aperta ad interpretazioni che parla di Ospedali riuniti dall'altra una serie di esponenti politici, associazioni, categorie e fondazioni che invece rilanciano l'idea dell'Ospedale Unico.

Mezzolani afferma di non conoscere quanto dichiarato dal Presidente della Commissione Sanità della Regione Marco Lucchetti durante l’audizione con Sindaci e medici tenutasi a Pesaro il 30 marzo scorso. cioè che il vero obiettivo"è fare un ospedale unico" bene quella dichiarazione è a pagina 31 del verbale dell'audizione stessa. A quell'incontro era presente il Dirigente regionale e ideatore del Piano Sanitario Regionale e stretto collaboratore di Mezzolani dott. Carmine Ruta che non ha battuto ciglio di fronte a tale affermazione né smentito successivamente la dichiarazione.

Non basta la consigliera Adriana Mollaroli presentò a suo tempo una mozione per istituire un "Ospedale Unico", oggi Adriana Mollaroli è relatore di maggioranza della legge per i così detti Ospedali Riuniti e sappiamo da che parte sta.
Vittoriano Solazzi oggi assessore regionale ha dichiarato e confermato di lavorare per la costruzione dell'Ospedale Unico. Di recente prima la CGIL provinciale e l'ex parlamentare del Pd si sono espressi a favore dell'Ospedale unico, mentre il sindaco di Pesaro Ceriscioli prendendola alla larga parla di un nuovo ospedale a Pesaro supportato da Giuseppina Catalano che proprio su un “Nuovo Ospedale” si è accordata e accodata al Sindaco uscente. Ci aspettiamo, nelle prossime settimane, una lunga serie di interventi simili ad orologeria.

A questo punto le cose sono due o Mezzolani è in minoranza in Regione, nella sua maggioranza, nel suo partito o la sua è una strategia che si muove su due fronti per raggiungere l'Obiettivo dell'Ospedale Unico.
Se così fosse, e ne sono convinto. lo chiari apertamente e si apra un dibattito serio e costruttivo tra chi è a favore e chi è contro.

Io continuo a sostenere che non c'è assolutamente bisogno di un nuovo ospedale ma di servizi efficienti e tempestivi. C’è bisogno di risolvere l’annoso e grave problema delle liste di attesa e quello dell’offerta di alcuni servizi mancanti che costringono residenti della nostra provincia a emigrare in strutture fuori regione.

L'Ospedale Unico non risolverebbe questi problemi bensì priverebbe Fano, l’entroterra di servizi ai cittadini. Nella stessa Pesaro, giustamente la maggioranza dei cittadini non vede di buon occhio una nuova struttura se non altro perché si è investito e speso già tanto per reparti nuovi ed ancora chiusi nel San Salvatore come in strutture iniziate e mai terminate come il Nuovo IME..
Per tornare a Fano dopo la perdita della Caserma, la chiusura della Ferrovia Fano-Urbino la chiusura dello Zuccherificio, abbiamo aperto gli occhi e non ci lasceremo scippare L’Ospedale Santa Croce, adesso basta.
Giancarlo D’Anna
Consigliere Regionale PdL

martedì 21 aprile 2009

SANITA' MARCHE, D'ANNA SVELA L'INGANNO


“Questa normativa (pdl.249/09 “Istituzione dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord”) contiene una scelta di fondo cioè l’obiettivo è fare un ospedale unico, passando attraverso un’azione integrativa, è ovvio, che l’atto aziendale disciplinerà questo aspetto integrativo. Quindi l’obiettivo è questo, ed il primo passo per realizzarlo è che si deve costituire un soggetto giuridico che porterà avanti il problema. Questo è il senso della legge.”

Queste parole sono del Presidente della Commissione Sanità della Regione Marche Marco Lucchetti. Parole pronunciate, come risulta dal verbale della seduta,durante l’audizione con sindaci, medici e associazioni del 30 marzo scorso a Pesaro
Parole chiare, molto chiare che finalmente scoprono le carte dell’inganno e degli obiettivi che ci sono dietro l’operazione Ospedali riuniti. Quello che denuncio da anni trova oggi un riscontro.

Quello che altri avevano negato viene smascherato. Gli Ospedali Riuniti, così come proposti, sono la fine dell’Ospedale Santa Croce di Fano che si consuma tra silenzi trasversali , finte difese del Santa Croce. Ospedale sacrificato sull’altare di interessi politico-economici, percorsi personali che niente hanno a che vedere con la tutela della salute dei cittadini. Ospedale di Fano come l’Ospedale di Mondolfo dunque: prima ci si unisce poi si sparisce. Con un danno in più, che fine farà tutto il consistente patrimonio immobiliare dell’Als 3 di Fano? Contribuirà a costruire un ospedale in un’altra città? Sarebbe la beffa del secolo.

Quindi l’obiettivo dichiarato della Regione è l’Ospedale Unico. Saranno contenti la consigliera Mollaroli che propose con una mozione un unico Ospedale, sarà contento l’assessore Pierini anche lui favorevole all’Ospedale Unico. Oggi la Mollaroli chiede “chiarezza” sul progetto Ospedali Riuniti” pur essendo stata presente all’audizione e ben conoscendo obiettivi e senso della legge.Si chiarisca con se stessa e la sua maggioranza, allargata.

Da sempre contrario denuncio ancora una volta e con più forza, il sempre più evidente pericolo per la struttura di Fano anche alla luce delle proposte che vengono da Pesaro sulla costruzione di un Nuovo Ospedale nel capoluogo di provincia. Oggi finalmente è chiaro chi vuole difendere il Santa Croce e con esso le altre strutture ospedaliere, compresa Pesaro e chi vuole l’affossamento dell’Ospedale di Fano a vantaggio di altri.

La battaglia che ha portato alla raccolta di 6000 firme per il rilancio del Santa Croce e contro l’Ospedale Unico continua a Fano e in Consiglio Regionale . L’Ospedale di Fano non si tocca dunque e la mobilitazione continua. Contemporaneamente ai candidati sindaci chiedo di esprimersi sugli obiettivi della legge regionale 249/09 e su quanto dichiarato dal Presidente della Commissione regionale Sanità . Chiarezza per favore una volta per tutte.

Giancarlo D’Anna
Consigliere regionale PdL

lunedì 20 aprile 2009

La classe dirigente fondata sulla sabbia




di Marcello Veneziani - 19/04/2009Fonte: Libero

Dopo tre lustri di agonia, la politica italiana è deceduta. Al suo posto c’è Berlusconi, e quel che sopravvive della politica si divide pro e contro di lui, più sparsi sciacalli in attesa che si allontani per rubarne il patrimonio. La sabbia del deserto ha coperto le sue macerie come nei palazzi d’Abruzzo. Gli intellettuali hanno paura delle parole forti, preferiscono chiamarla “interminabile transizione”; ma anche questa è un’espressione spenta e ripetitiva, vecchia di cent’anni e forse più. Quando non si sa come descrivere il vuota della politica si ricorre alla parola transizione. Pochi giorni fa Galli della loggia, prendendo lo spunto da un saggio di Aldo Schiavone, L’Italia contesa (edito da Laterza), ha celebrato messa sul Corriere della sera, in memoria della politica, sostenendo che essa non riesce a esprimere il nuovo perché non sa fare i conti col passato, né vera autocritica, va a forza d’inerzia; insomma è ancora schiava del passato. Anziché buttarlo sul cordoglio, lasciate che per una volta almeno io spenda una parola, non dico in difesa della politica, che è indifendibile, ma della sua esclusiva responsabilità di questo degrado. Non credo che un paese moderno sia guidato solo dalla classe politica, non siamo né uno stato socialista né un protettorato; credo invece che un paese normale abbia una classe dirigente formata da politici, magistrati, dirigenti pubblici e manager privati, poteri economici e poteri culturali, soprattutto nei media. Insieme formano la classe dirigente e concorrono a dare una linea, un’immagine e un contenuto all’Italia. Bene, guardando agli altri soggetti citati, chiedo a Galli della Loggia e a Schiavone, firme accademiche delle due principali corazzate della stampa italiana: ma le altre caste dirigenti sono forse più avanti, esprimono il nuovo, selezionano nuove elite, emanano idee, progetti, programmi? No, signori. Io vedo un paese che si arrangia, a volte con punte di creatività e sforzi notevoli, a volte ricadendo indietro, nell’accidia e nello sconforto, più spesso nel malaffare. Ma non vedo una classe che lo guidi nei campi pubblici e privati. Dall’economia alla finanza, dalla cultura ai mass media. Il potere ha abdicato al ruolo di guida, domina ma non dirige, lucra ma non educa, non indica, non promuove. Non è onesto prendersela solo con i ritardi della politica o ridere su come si è ridotta la sinistra alla povertà franceschina .
La salute della finanza
Ditemi voi in che condizioni sono la Fiat e l’industria italiana, il Corriere della sera e Repubblica, la finanza e la magistratura, il giornalismo e la cultura. Vede in giro un’idea nuova e audace, una vivace competizione su programmi, criteri, un’efficace valorizzazione di talenti e novità? Ma no, circoli viziosi, cricche autoreferenziali, compagnie di giro che si passano il testimone, aiuti pubblici e pietà private. Buttarla sulla politica in ritardo è come prendersela con il sud assistito, parassita dell’economia e a carico pubblico nelle sue attività intellettuali. Poi vedi la realtà e noti che la maggiore opera assistenziale degli ultimi tempi è stato un ennesimo aiuto alla Fiat che è torinese, mica calabrese. E l’ultimo episodio di cultura parassitaria, sono stati milioni di euro buttati senza verifica per ingrassare il premio Grinzane Cavour, che è piemontese, mica napoletano. Se la politica è grigia, come dice giustamente Galli della Loggia, alla faccia come sono colorite la cultura e l’impresa, la magistratura e la dirigenza pubblica…E le ultime magagne in termini di edilizia o di scarcerazioni mafiose, non sono colpa dei politici ma degli uffici tecnici comunali, delle imprese private senza scrupoli, dei magistrati che mettono in libertà mafiosi a Bari per vizi di procedura. O dei giornali che non fanno inchieste sul territorio, se non servono per colpire Berlusconi. Per restare sul terreno prescelto da Schiavone e galli della Loggia, le idee, domando loro: ma vedete traccia, per esempio nei giornali su cui scrivete, di qualche fervore di idee, polemiche intellettuali, diversità che si incrociano e dissentono? Sentite il nuovo affacciarsi, il coraggio delle sfide e il fermento dell’intelligenza? O è tutto un giro di compagnucci di parrocchietta che si scambiano salamelecchi o insulti a priori, senza scambia culturale, che praticano omertà di scuderia su ciò che non è reputato conforme e si agitano solo sui finanziamenti pubblici e sulle camorre intellettuali, come le contese innescate da Baricco e dai premi culturali?
Non c’è un progetto
La politica fa pena, lo scriviamo quasi ogni giorno; ma non è la sola. Qui manca una classe dirigente, ci sono solo caste dominanti. Mancano minoranze costituenti, eccellenze riconosciute e attive che possano suscitare passione civile e comunitaria, voglia di progetti e di memorie fino a contagiare la politica. Non credo all’autonomia della politica, tantomeno all’autocrazia o almeno all’autodeterminazione della politica. Se i campi affini non danno frutti, la politica deperisce insieme a loro; sono vasi comunicanti. Non usate pure voi la parola magica: è il berlusconismo che ha raso al suolo idee e imprese. No, il contrario: nel deserto non possono nascere fiori dalla terra arida, ma si possono piantare solo fiori di plastica. Non è un caso che Berlusconi fiorisca proprio sul collasso dei settori vitali del paese: lui è al crocevia preciso tra politica e magistratura, imprenditoria e comunicazione. Nel deserto dei tartari non vedo tenenti Drogo né fortezze Bastiani, ma solo sabbia: negli edifici pubblici e privati dell’Abruzzo ma anche nei palazzi pubblici e privati del potere. Sabbia, anche nelle teste di struzzo delle classi dirigenti.

venerdì 17 aprile 2009

Dalla bottiglia di plastica alla brocca di vetro: l'evoluzione della specie.


L’acqua è un bisogno fondamentale. Ci si dimentica, però, di considerarla come un diritto. La nuova sentenza emessa dal tribunale della Regione Calabria, che obbliga i comuni a fornire le analisi dell'acqua potabile ai cittadini che ne fanno richiesta, potrebbe però essere da stimolo per tutti coloro che vogliono avere informazioni sulla qualità dell’acqua che esce dal proprio rubinetto. E permettere a molti di dire addio all'acqua in bottiglia.


Il Tar della Calabria ha stabilito l'obbligatorietà da parte del Comune di Reggio Calabria di fornire le analisi dell'acqua potabile a chi ne fa richiestaUna
sentenza del 14 gennaio scorso del Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha stabilito l'obbligatorietà da parte del Comune di Reggio Calabria di fornire le analisi dell'acqua potabile ai cittadini che ne fanno richiesta. Il Comune ha il dovere di svolgere funzione di controllo sulle acque destinate al consumo umano (sino al punto di consegna, ossia il contatore) e tutte le “informazioni ambientali” che esso deve raccogliere sono a disposizione della collettività. Chiunque ne può fare richiesta, addirittura senza dichiarazione del motivo della stessa. Questa sentenza incoraggia ad avviare analoghe iniziative nel proprio comune di residenza per tutti coloro che sono interessati ad avere informazioni sulla qualità dell'acqua che esce dal proprio rubinetto.
Da tempo, parecchie associazioni ambientaliste e mediche hanno sollevato seri dubbi sulla
qualità dell'acqua in bottiglia, specialmente se di plastica. La possibilità di avere informazioni maggiori e possibilmente gratuite sull'acqua di acquedotto, potrebbe spingere ancor più cittadini a fare il passo indietro che tutti ci auspichiamo e che porterebbe al consumo di acqua potabile della rete idrica. Questo implicherebbe l'abbandono dell'uso selvaggio di acqua minerale in bottiglia che sta inquinando come pochi altri settori, senza contare l'impatto sulla salute delle persone, dato che questa pare sia proprio di qualità inferiore rispetto agli standard normalmente forniti dagli acquedotti che devono rispettare controlli più accurati e valori di sostanze inquinanti minori.
La possibilità di avere analisi dell'acqua alla mano, permette anche di valutare apparecchiature di filtraggio e trattamento, eventualmente da applicare al proprio impianto casalingo, per migliorare ancor più le caratteristiche organiche e minerali e la purezza dell'acqua che si consuma. L'analisi permette altresì di obbligare il Comune a prendere atto di quello che viene servito ai propri concittadini dalla multinazionale di turno che somministra/amministra l'acqua. In molti casi, infatti, gli acquedotti sono stati privatizzati con conseguenze devastanti sia dal punto di vista economico, sia sociale e sia ambientale. Chissà mai che da questo atto giuridico “minimo” derivino conseguenze di rilievo.
In Italia vengono prodotti quasi 7 miliardi di litri di acqua minerale imbottigliati da circa 160 imprese che utilizzano 700 sorgenti e vantano oltre 260 etichette In Italia vengono prodotti quasi 7 miliardi di litri di acqua minerale (dati Nielsen 2002), pari a un consumo pro capite di circa 170 litri, imbottigliati da circa 160 imprese che utilizzano 700 sorgenti e vantano oltre 260 etichette. Di fatto 27 marchi di proprietà di 6 gruppi controllano circa il 70% del mercato di consumo. È facile per chiunque intravedere il giro di affari che deriva da tutto questo. Il costo di utilizzo di fonti demaniali per suddette imprese è assolutamente ridicolo. Secondo alcune stime, da queste “concessioni pubbliche” lo stato incasserebbe in totale solo circa 500.000 euro annui. Per alcune Regioni le spese sostenute per la contabilità delle concessioni sono superiori agli incassi delle stesse.
L'acqua minerale in bottiglia non è di certo una soluzione...
Se si vuole bere acqua pura dobbiamo assumerci la responsabilità di proteggere fiumi, laghi e falde idriche. Senza svendere al primo venuto che ci sbandiera quattro soldi sotto il naso.
Le pubblicità delle acque minerali sono spesso “sovradosate”. Non è vero ad esempio che queste abbiano sempre maggiori sali minerali di quelle del rubinetto. E i residui tossici (nitrati, arsenico ecc.) spesso sono di molto superiori rispetto a quelli dell'acqua di un acquedotto comune.
Non va dimenticato che l'acqua è vitale sotto molti punti di vista, non ultimo quello medico. Essa, infatti, se di buona qualità, può essere utilizzata come medicina in tantissimi disturbi (l'idroterapia ne è un esempio). I problemi come l'aggiunta sistematica di cloro e/o la presenza di altre componenti dannose possono essere eliminati con un buon filtraggio domestico. Installare un buon filtro di depurazione è inoltre un ottimo espediente per spingere a un consumo cosciente e orientato al risparmio.
A noi, al momento, non ci tocca e non ci si pensa, ma ci sono oltre 1,4 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso all'acqua potabile. Poiché si dovrebbe presumere che l'acqua sia un diritto di tutti, pensiamoci ogni volta che apriamo il rubinetto.
A Istanbul, dal 16 al 22 marzo scorso, si è svolto il quinto forum mondiale dell'acqua, ma non è stata raggiunta un'intesaDi fatto, a Istanbul, dal 16 al 22 marzo scorso, si è svolto
il quinto forum mondiale dell'acqua: 30.000 congressisti, una ventina di capi di stato e circa 180 ministri dell'ambiente. L'obiettivo di raggiungere un'intesa sull'accordare all'accesso all'acqua lo status di “diritto” sancito a livello internazionale non è stato raggiunto. C'erano dubbi? Si è riusciti solo a fissare che questo accesso è un “bisogno” fondamentale... meno male. Ma non è ancora un diritto.
Tra alcuni anni si prevede una crisi idrica di proporzioni mondiali a causa di eventi ormai incontrollabili come l'aumento della popolazione, l'effetto serra, l'erosione dei suoli avanzante e l'inquinamento progressivo delle falde. La campagna che dura da un quindicennio secondo cui l'acqua è un bene economico e che solo come tale può essere tutelata, è stata improntata e portata avanti sulla base delle indicazioni del World Water Council, un organismo costituito dalle principali multinazionali del settore e da varie organizzazioni internazionali tra cui la Banca mondiale. Iniziamo allora da noi.
Pubblico o privato che sia (la maggior parte delle grandi città vengono ancora servite da operatori idrici pubblici) il sistema di mercificazione dell'acqua è aberrante e rappresenta solo un gran business e un palcoscenico per il gioco di poteri istituzionali o imprenditoriali.
L'acqua è un bene e non una merce, per utilizzare una classificazione cara a Maurizio Pallante.
Solo partendo da questa riflessione si può pensare di uscire dalla dinamica di controllo esterno sulle proprie fonti idriche per approdare ad un'autogestione egualitaria ossia a una gestione diretta delle risorse idriche senza intermediari. Questo garantirebbe oltre che una migliore qualità microbiologica dell'acqua anche uno stato di migliore conservazione degli impianti e un minor spreco. Quando è la collettività locale che è responsabile di un servizio e che dipende dalla qualità di quello che riesce a fare, tutto può cambiare. Riprendiamoci la nostra acqua.

giovedì 16 aprile 2009

LA FERROVIA FANO-URBINO GUARDA LA FUTURO


Io sono a favore del ripristino della ferrovia Fano-Urbino, lo sono perché credo che una valida alternativa al traffico su gomma sia utile alla riduzione del traffico nelle città e lungo le strade,riduca notevolmente le micidiali polveri sottili, contribuisca a far diminuire gli incidenti stradali e aumenti la qualità della vita per studenti, lavoratori e turisti, riduca l’isolamento dell’entroterra e sia allo stesso tempo utile per le numerose imprese che insistono lungo la vallata del Metauro.

Non è un caso che la Giunta di Fano abbia deliberato a favore del ripristino della linea ferroviaria e l’abbia ribadito nel suo programma elettorale. Avevamo ragione se poi la Fano-Urbino è stata di recente inserita tra le priorità nell’accordo Stato-Regione e la Provincia, trasversalmente ha ribadito la stessa cosa .

I dubbi che alcuni avanzano sull’eventuale ripristino non fanno i conti con la tecnologia da una parte e sui vantaggi già esposti in premessa.

Chi ha avuto l’opportunità di fruire della ferrovia Merano Malles, che per lunghezza e caratteristiche è molto simile alla nostra realtà, ha verificato che oggi è possibile con interventi mirati ridurre le problematiche legate ad attraversamenti ed eventuali tempi di attesa lungo le strade attraversate. Non solo il successo e il gradimento ottenuto da quel ripristino ha fatto ricredere anche gli inevitabili scettici che ci sono sempre e ovunque.

Quella del ripristino della Fano-Urbino è una battaglia di civiltà che guarda al futuro creando valide e comode alternative al traffico automobilistico (che non vuol essere criminalizzato ma che in molte situazioni crea un’infinità di problemi) in linea con la difesa dell’ambiente e della qualità della vita. E’ una battaglia che vede seriamente impegnati trasversalmente esponenti di più fronti che non guardano, una volta tanto, a piccoli intersessi elettorali ma in prospettiva.
Questo credo che sia la politica che molti apprezzano, quella delle scelte, quelle del coraggio delle scelte che non si fanno condizionare da qualche preferenza in più.
Giancarlo D’Anna

mercoledì 15 aprile 2009

FRATELLI MATTEI:NON SI PUO DIMENTICARE ,SI DEVE RICORDARE ANCHE DOPO 36 ANNI, PER CHIEDERE GIUSTIZIA.



Nella notte del 16 aprile 1973 alcuni aderenti all'organizzazione extraparlamentare Potere Operaio versarono benzina sotto la porta dell'appartamento abitato dalla famiglia composta da Mario Mattei, dalla moglie Anna e i figli, al terzo piano delle case popolari di via Lorenzo Campeggi.
Mattei era allora il Segretario della Sezione
Giarabub del Movimento Sociale Italiano, in via Svampa a Primavalle.
Divampò un
incendio che distrusse rapidamente l'intero appartamento.
Mentre gli altri familiari riuscirono a porsi in salvo, due dei figli, Virgilio di 22 anni, militante missino nel corpo paramilitare dei
Volontari Nazionali e il fratellino Stefano di 7 anni morirono carbonizzati.
« Il 17 aprile 1973 arrivai con una troupe poco dopo l'allarme, dato alle quattro del mattino. Vidi il corpo carbonizzato del figlio maggiore di Mattei, Virgilio, ricurvo sulla ringhiera del balcone come un'orrenda coperta nera. Alle sue spalle c'era il cadavere del fratellino Stefano, dieci anni, bruciato anche lui. Il resto della famiglia s'era salvato, a prezzo di ferite gravi, gettandosi dal terzo piano »il commento di un cronista dell'epoca.

Gli attentatori lasciarono sul selciato una rivendicazione della loro azione: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria”.



Le indagini seguirono piste collegate all'extraparlamentarismo di sinistra, in particolare vennero indagati esponenti di movimenti collegati a Potere Operaio[3] che ribatté pubblicamente parlando di "montatura poliziesca".
Il
18 aprile 1973 fu arrestato Achille Lollo come presunto responsabile; avrebbe scontato 2 anni di carcere preventivo.
Furono rinviati a giudizio, per strage: Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo.


Furono fatti numerosi tentativi di depistaggio. L'ambiente dell'extraparlamentarismo di sinistra si adoperò per depistare, almeno con la comunicazione, verso la pista della faida interna.
Fu redatto un opuscolo denominato "Controinchiesta", in cui la colpa fu attribuita a una faida interna tra esponenti di destra.
Nel libro : "Collettivo Potere Operaio. Primavalle: Incendio a porte chiuse. Giulio Savelli, 1974", nella nota dell'editore nella prima pagina ed al secondo paragrafo, si scrive:
« La montatura sull'incendio di Primavalle non si presenta come il risultato di un meccanismo di provocazione premeditato a lungo e ad alto livello, tipo <>, <> è piuttosto una trama costruita affannosamente, a <> da polizia e magistratura, un modo di sfruttare un'occasione per trasformare un "banale incidente" o un oscuro episodio - "nato e sviluppatosi nel vermiciaio della sezione fascista del quartiere" - in un'occasione di rilancio degli opposti estremismi in un momento in cui la strage del
giovedì nero con l'uccisione dell'agente Marino - avvenuta a Milano 3 giorni prima - ne aveva vanificato la credibilità. »
Molti intellettuali che si schierarono per difendere i “compagni”.
Una esponente dell'Organizzazione,
Soccorso Rosso Militante, Franca Rame, in una lettera data 28 aprile 1973 scrive al Lollo tra l'altro Ti ho inserito nel Soccorso rosso militante. Riceverai denaro dai compagni, e lettere, così ti sentirai meno solo.
Al di fuori del Tribunale di Roma, durante le udienze ci furono manifestazioni della sinistra con in testa ai cortei personaggi come il Deputato del
Partito Comunista Italiano Umberto Terracini.
Il
28 febbraio 1975, alla fine della quarta udienza del processo, vi furono scontri tra simpatizzanti di destra e di sinistra, lo studente greco Mikis Mantakas, simpatizzante del FUAN-Caravella, venne ucciso a colpi di pistola da estremisti di sinistra in via Ottaviano, vicino al Palazzo di Giustizia.
Tali scontri e tale controinformazione portarono allo stralcio della condanna per strage ed alla assoluzione dei tre imputati nel '75.

I processi
Furono rinviati a giudizio Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo.

Processo di primo grado
Il processo di primo grado iniziò il
24 febbraio 1975, a quasi due anni dal rogo. In stato di detenzione Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo latitanti.
Durò più di tre mesi, tra violente manifestazioni della
sinistra extraparlamentare che, al grido di "Lollo libero", sostenne i tre.
Inizialmente l'accusa ipotizzata fu di strage e la pubblica accusa richiese la pena dell'ergastolo.
Si concluse con l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati dalle accuse di
incendio doloso e omicidio colposo.

Processo di secondo grado
In secondo grado, Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo, furono condannati a 18 anni di carcere per
omicidio preterintenzionale.
Lollo, rilasciato in attesa di
processo d'appello, riparò in un paese del Sud-America con il quale riteneva l'Italia non avesse trattati di estradizione, che invece vi erano, ma in realtà poté restarvi poiché per la legge brasiliana il reato era prescritto a causa del lungo tempo ormai trascorso al momento della domanda di estradizione.
Manlio Grillo si rifugiò invece in Nicaragua grazie alla complicità, di cui aveva goduto anche il Lollo, di Oreste Scalzone.
Marino Clavo tuttora non risulta rintracciabile.

La pena estinta
La
pena è stata dichiarata estinta dalla Corte di Appello di Roma per intervenuta prescrizione, su istanza dell’avvocato Francesco Romeo, difensore di Marino Clavo.
Ciò è stato possibile per il tipo di condanna applicata in secondo grado, come lamentato da
Ignazio La Russa.
Anche
Walter Veltroni, sindaco pro tempore di Roma al momento della notizia della prescrizione, emise una dichiarazione assai critica.

Verso una riapertura del Caso
Nel 2005 ci sono state varie interviste che hanno portato a una riapertura dei fascicoli.
[5]
il 10 febbraio il l "
Corriere della Sera" pubblico una intervista ad Achille Lollo in cui questi ammise la colpevolezza propria e degli altri due condannati insieme a lui e aggiunse molti particolari.Il maggior elemento di novità fu l'affermazione che a partecipare all'attentato furono in sei, i tre condannati più altri tre di cui fa Lollo fece i nomi: Paolo Gaeta, Diana Perrone e Elisabetta Lecco. Inoltre ammise di aver ricevuto dall'organizzazione per fuggire.Lollo tuttora vive in Brasile dove si è dichiarato rifugiato politico (status non riconosciuto dalle autorità locali).
il 12 febbraio
Oreste Scalzone, a quel tempo dirigente di Potere Operaio, rilasciò sul caso una intervista a RaiNews24 in cui dichiarò di aver aiutato due colpevoli a fuggire.
il 13 febbraio
Franco Piperno, all'epoca dei fatti Segretario nazionale di Potere Operaio, in una intervista su la Repubblica confermò anch'egli che il vertice di Potere Operaio fu informato di tutto. Secondo Piperno ciò avvenne solo dopo i fatti.
Il 17 febbraio anche Manlio Grillo ammise per la prima volta in una intervista pubblicata su
La Repubblica , nelle modalità indicate nella sentenza di condanna, senza modifiche, la propria responsabilità. Ammise anche aiuti dall'organizzazione per fuggire.Nell'ottobre del 2006 affermerà che la cellula terrorista di cui faceva parte era legata alle Brigate Rosse.
Lanfranco Pace, a quel tempo dirigente di Potere Operaio a Roma, ha risposto anch'egli a domande in una intervista.

La riapertura: reato di Strage
La vicenda è tornata alla ribalta poiché la
Procura di Roma ha recentemente riaperto il caso avendo assunto nozione di nuovi dettagli (appresi da dichiarazioni degli imputati) che consentirebbero di richiedere la revisione del processo ipotizzandosi ora un reato di strage.
Paolo Gaeta, Diana Perrone e Elisabetta Lecco sono stati iscritti dalla procura di Roma nel registro degli indagati per strage, e per tale reato non si applica la prescrizione.
Nel
2005 la famiglia Mattei ha sporto denuncia indicando quali mandanti dell'attentato Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno.
Fra le dichiarazioni che questi rilasciarono in quell'anno emergono elementi che fanno sembrare molto probabile che essi sapessero molto e che il depistaggio sia stato voluto.
Tutti gli organizzatori, esecutori e comprimari della strage finora identificati sono a piede libero e taluni svolgono compiti di rilievo nell'informazione pubblica e della pubblicistica (Pace, Morucci, Piperno, Scalzone, Grillo); altri sono tuttora latitanti all'estero (Lollo); altri non sono rintracciabili (Clavo).
.

UNIONE EUROPEA CONTRO FACEBOOK SU PRIVACY



BRUXELLES - La Commissione Ue riparte all'attacco di Facebook, MySpace e degli altri social network per proteggere la privacy dei cittadini Ue, in special modo quella dei minorenni. "Vuoi che Internet diventi una giungla? Potrebbe presto accadere, se non si riesce a controllare l'uso dei vostri dati personali on-line", avverte oggi il commissario responsabile delle Tlc, Viviane Reding, in un video sul suo sito Internet. La protezione della privacy deve essere una priorità per i social network, prosegue Reding, che spiega come "almeno i profili dei minorenni devono essere nascosti di default e resi inaccessibili per i motori di ricerca". Bruxelles ha già chiesto a Facebook e Co. di prendere provvedimenti per proteggere i minori, ma Reding si dice "pronta a dettare nuove regole ad hoc". Gli europei "hanno il diritto di controllare come vengono utilizzate le loro informazioni personali", spiega Reding, precisando che la Commissione prenderà misure contro quegli Stati membri che non proteggono la privacy degli utenti di Internet contro gli attacchi dei social network, delle pubblicità mirate e dei nuovi sistemi di 'advertising' come Rfid, le etichette elettroniche. (ansa)

IL RITORNO ALLA TERRA


C'è un tesoro nascosto nei campi

L'ITALIA agricola è un "Paese per vecchi". Abbiamo un contadino giovane, sotto i 35 anni, ogni 12,5 agricoltori con più di 65 anni. Niente di paragonabile a Francia e Germania dove lo stesso rapporto scende rispettivamente a 1,5 e 0,8. Verrebbe quasi spontaneo lanciare un appello ai giovani: "Uscite dai call center, andate nei campi!". Fatevi il favore di un lavoro meno precario, più creativo, più gratificante, dove siete i padroni di voi stessi, per ritrovare un sano rapporto con il mondo.
Bisognerebbe pensare e parlare non solo di crisi dell'agricoltura, ma di agricoltura come una delle possibili vie d'uscita dalla crisi. La formula purtroppo però non è così scontata, perché evidentemente in Italia tornare alla terra o continuare il lavoro di padri agricoltori non è facile: il Paese, preso dall'ansia di rilanciare i consumi, l'industria e l'edilizia, un'opzione del genere neanche se la immagina. O se la immagina male.
I commenti di alcuni politici, in questo periodo, ricordano la vecchia pubblicità di un'azienda di pennelli. L'ingenuo manovale diceva: "Per dipingere una parete grande ci vuole un pennello grande" e quasi stramazzava sotto il peso di un arnese così gigantesco da non essere funzionale. È la logica che guida quanti oggi si precipitano a spiegare che la crisi è "globale" e tali devono essere le soluzioni: grande scala, impatto internazionale, industria, potenziamento dell'export...
Al contrario, si arriva addirittura a dileggiare le soluzioni che individuano percorsi locali, cicli brevi, potenziamento delle filiere corte, delle reti e delle economie locali: soluzioni leggere, rapide, partecipate ed immediatamente efficaci. In questo modo ci si dimentica che le nostre campagne si stanno spopolando come non mai e nemmeno si aiutano i giovani con i giusti incentivi o lo snellimento di pratiche burocratiche sempre più vessatorie.L'agricoltura in Italia determina la formazione del 15% del Pil relativo all'agroalimentare, dà lavoro al 4% della popolazione occupata. Gli addetti sono in costante calo: 901mila nel 2008, 924mila del 2007 e 982mila nel 2006. I giovani sono il 2,9% del totale, anche qui, di lunga molti meno che in Francia e Germania (7,5% circa in entrambi i Paesi). Sono dati che dovrebbero calamitare l'attenzione non solo di chi governa, ma in generale di chi vuole comprendere e analizzare le pieghe dell'attuale crisi e, allontanandosi dagli slogan, provare a capire come sta funzionando il Paese in questo periodo, come si stanno comportando le persone, le aziende, i consumi, le vite reali.Invece un malinteso senso della modernità e del business porta ormai molti politici ad allontanarsi sempre più dalla considerazione dei territori e delle loro peculiarità ed esigenze, per riferirsi esclusivamente ai mercati per lo meno nazionali, ma preferibilmente internazionali. Il che significa filiere lunghissime, trasporti, monocolture, grande distribuzione, necessità di input chimici per le coltivazioni, apertura agli Ogm. Significa, sostanzialmente, ulteriore industrializzazione del modello agricolo: grandi quantità, uniformità, concentrazione e priorità alle esigenze di chi vende piuttosto che a quelle di chi coltiva e consuma. La parola magica è "competitività", e quindi "export", ovviamente riferito al "made in Italy".
Propongo di guardarlo in faccia il "made in Italy" del cibo, e di guardargli anche le mani, le scarpe, le rughe, le aziende. Guardiamo anche gli estimatori del made in Italy. Non ci sono solo quelli che lo apprezzano da casa, acquistando i prodotti italiani o che presumono essere tali. Ci sono anche, e sono tanti, quelli che vengono in Italia non per ammirare le autostrade, le ferrovie, i porti grazie ai quali esportiamo il made in Italy, ma per sentirsi accolti da una cultura legata a prodotti, sapienze e gesti che hanno dato vita a paesaggi, comunità e solide economie. Vengono per stupirsi, ogni volta, della straordinaria varietà che il nostro mondo rurale e gastronomico può offrire. Possibile che tutto questo non conti niente? Possibile che tra i tanti incentivi e appoggi finanziari, o per lo meno facilitazioni, non ce ne possano essere anche per chi è attirato da questo mestiere, certo faticosissimo, ma di grande futuro?
Invece no, si dice che il settore non è competitivo, che le nostre aziende, sempre più vecchie, sono troppo frammentate, che ci vorrebbe maggiore concentrazione: più agricoltura industriale di grande scala, meno persone nelle campagne. E poi si porta ad esempio, per esaltare il made in Italy, il settore del vino. Ma è proprio sulla frammentazione, sulla diversità dei territori e di tante piccole aziende creative e innovative, tutte concentrate sulla più alta qualità, che il vino italiano ha costruito i suoi successi.La stessa cosa dovrebbe avvenire, essere promossa e finanziata, per tutti gli altri settori agricoli, per tutte le produzioni che possono fare della diversità e del radicamento sul territorio il loro punto di forza: ciò che non a caso ha reso fino ad oggi grande la nostra agricoltura e la nostra gastronomia, ciò che ha generato quell'appeal che si chiama anche "made in Italy". Non è solo sulle esportazioni che bisogna puntare: è sulla capacità dei nostri territori rurali di essere al servizio del Paese, a condizione che anche il Paese si metta al loro servizio.
Disoccupazione? Il Ministro dell'agricoltura giapponese ha finanziato per 800 persone che hanno perso il lavoro uno stage di 10 giorni per imparare a produrre e vendere ortaggi e frutta. Dopo il corso formativo i disoccupati lavoreranno per un anno in villaggi agricoli. Dall'altra parte del Pacifico, il dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato l'apertura di circa 300mila nuove aziende agricole negli ultimi anni. Una tendenza favorita dal programma per l'agricoltura definito dal nuovo presidente degli Stati Uniti: incoraggiare tramite detassazioni e finanziamenti agevolati i giovani a diventare agricoltori, incentivare l'agricoltura locale, sostenibile e biologica, promuovere le energie rinnovabili, assicurare la copertura della banda larga nelle aree rurali, migliorare le infrastrutture nelle campagne ed estendere l'obbligo di indicare l'origine degli alimenti in etichetta per consentire di distinguere il proprio prodotto da quello importato.
Noi invece vogliamo più cemento, più villette, più aziende agricole concentrate nelle mani di imprenditori sempre più vecchi, che rifiutano addirittura di farsi chiamare "contadini" e che diventano campioni di un sempre più anonimo export. Se dal 4% di occupati in agricoltura si provasse a passare anche solo al 5% o al 6%, come cambierebbe questo paese? Perché nessuno scommette sul settore, perché non si potenziano i mille rivoli di economia e produzione virtuosa che l'agricoltura di piccola e media scala consente? L'agricoltura italiana di qualità non può, non deve e soprattutto non vuole diventare "un paese per vecchi": occorre dare valore all'entusiasmo che oggi tanti giovani potrebbero mostrare per l'attività, considerando seriamente il comparto come uno dei più sani e potenti mezzi per reagire alla crisi. Anche così il made in Italy eviterà di diventare un'etichetta inutile e vuota, e sarà sempre meno facile imitarlo.

Carlo Petrini

lunedì 13 aprile 2009

SICUREZZA NELLE SCUOLE ,D'ANNA CHIEDE INTERVENTI



Il Consigliere regionale Pdl D’Anna, torna a parlare di sicurezza nelle scuole dopo aver denunciato lo scorso anno una situazione grave relativa all’ “agibilità” delle scuole nelle Marche. Non mancano motivi di preoccupazione, infatti l’obbligo di produzione del certificato di abitabilità/agibilità è stato introdotto con il regio decreto del 27 luglio 1934, n.1265 ( sostituito dal D.P.rR. 6 giugno 2001,n.380.



Gli edifici costruiti prima di tale data, a meno che non siano stati effettuati lavori manutentivi tali da richiedere il rilascio del certificato, di norma ne sono privi.


I NUMERI NELLE MARCHE:
edifici e periodo di costruzione:
PRIMA DEL 1945- TOT. REGIONE N. 277 di cui 72 AN;73AP e Fermo;50 MC; 74 PU.
DAL 1946 AL 1975- TOT. REGIONE N. 606 di cui 148 AN;160 AP;124 MC; 174 PU.
DOPO IL 1976 TOT. REGIONE N. 445 di cui 160 AN; 96 AP; 87 MC; 102 PU.

I CERTIFICATI DI ABITABILITA’ AGIBILITA’ NEGLI EDIFICI SCOLASTICI COSTRUITI DOPO IL 1945 (1051 SU 1350 RILEVATI):
CON CERTIFICATO TOT. MARCHE 523 DI CUI: 155 AN; 140 AP; 86 MC; 142 PU.
SENZA CERTIFICATO TOT. MARCHE 425 DI CUI:81 AN; 93 AP; 108 MC; 130 PU.
NON RISPOSTO TOT.REGIONE 103 DI CUI 65 AN;17 AP; 17MC; 4 PU

Grave secondo D’Anna la mancanza di dati da parte della Regione, relativamente ai cedimenti e crolli nelle Marche negli ultimi 10 anni la Regione pur essendo capofila della Protezione Civile, non dispone di quei dati in quanto “non è tenuta ad acquisirlo o a riceverne notizia” secondo quanto dichiarato dall’Assessore Carrabs a seguito di un’interrogazione dello stesso D’Anna.

Il consigliere del PdL considera invece importante anche questo dato per avere un quadro dettagliato della situazione che consenta un corretto intervento sulle strutture che necessitano di interventi atti a mettere a norma gli oltre 400 edifici scolastici sprovvisti di certificato .”Edifici dove ogni giorno i nostri figli insegnati e personale passano buona parte della giornata. Facciamo in modo che possano trascorrere quel tempo in sicurezza. La messa a norma degli edifici scolastici e non oggi più che mai deve diventare una priorità su questo la Regione deve fare una volta per tutte la sua parte insieme a Province e Comuni e allo Stato

giovedì 9 aprile 2009

mercoledì 8 aprile 2009

RACCOLTA FONDI PER L'ABRUZZO,D'ANNA :SI CONCRETIZZA LA PROPOSTA.


''''L''iniziativa di creare un fondo da parte dei consiglieri della Regione Marche a favore delle popolazioni del vicino Abruzzo ha trovato immediati riscontri in mattinata''''. Lo riferisce - in una nota - il consigliere regionale del Pdl Giancarlo D''Anna, che ieri aveva lanciato la proposta comunicandola via email ai colleghi e agli organi d''informazione.

Al riguardo D''Anna precisa che tutti i membri della terza commissione consiliare hanno deciso di contribuire con una cifra di mille euro a testa. Nella nota, D''Anna - che aveva chiesto alla presidenza del consiglio di farsi interprete dell''iniziativa - ringrazia il presidente Raffaele Bucciarelli ''''per avere colto prontamente la proposta che vuole dare un segnale concreto, oltre che istituzionale anche personale, da parte dei componenti dell''assemblea legislativa delle Marche''''.

AMBIENTE, D'ANNA: L'AMIANTO C'E' MA NESSUNO VUOLE VEDERLO


Ha fatto scalpore la sentenza che rende giustizia a 7 marinai del nostro territorio a cui il tribunale di Pesaro ha riconosciuto un risarcimento da parte dell’Inps per i danni alla salute subiti dopo aver lavorato a stretto contatto con l’amianto durante il loro imbarco.

Una sentenza giusta e doverosa e di buon auspicio per il colossale processo che si tiene in questi giorni a Torino contro la società Eternit contro la quale ci sono oltre tremila parti lese: lavoratori e cittadini di Casale Monferrato dove per anni è stata attiva la fabbrica della morte che ha causato centinaia di vittime nel corso degli anni (nella foto il mesotelioma causa di morte collegata all'inalazione di fibre di amianto).

Altre due testimonianze decisive che certificano il pericolo che corre negli anni chi viene a contatto( inalando le fibre) con l’amianto indipendentemente dal lavoro svolto (vedi Casale Monferrato).

Assurdo ci sia un silenzio di tomba nella nostra Provincia nonostante gli appelli, le segnalazioni, le proteste, i soldi spesi, i corsi di formazione per smaltire l’amianto, il censimento dell’Arpam di Pesaro-Urbino che sancisce un minimo di 3000 (TREMILA) edifici tra pubblici e privati nel nostro territorio contengono le pericolose fibre.
Non interessa proprio ad alcuno che scuole, ambulatori, banche, uffici postali cioè edifici frequentati da tutti noi contengono amianto?

E’ vero che se compatta la pericolosa fibra non si disperde nell’aria e in quel caso non ci sono pericoli, ma siamo sicuri che gli edifici censiti rispondono a questo requisito?

Da tempo ho presentato una proposta di legge in Regione per venire incontro ai piccoli privati che intendono bonificare eventuali quantità di amianto prevedendo incentivi.

La commissione competente non l’ha ancora valutata. Nel frattempo troppo spesso, per ignoranza o per risparmiare sullo smaltimento, si rinvengono abbandonati manufatti di amianto sul territorio.

Una situazione di totale disinteresse e menefreghismo preoccupante. Fa notizia il “rimborso” a chi ha perso la salute causa l’amianto, quasi dimenticando che l’Inps paga è perché ha accertato seri danni alla salute. In passato c’era poca informazione e così alcuni scientemente hanno messo a rischio salute e vita di operai e cittadini inconsapevoli. Oggi con i drammi accertati sarebbe opportuno eliminare la fonte di tanto disastro. Troppo spesso abbiamo pianto per aver trascurato e sottovalutato le situazioni. Non abbiamo imparato niente? Io continuo a denunciare questa incredibile vicenda che se trascurata potrebbe colpire tutti, nessuno escluso.

TERZA COMMISSIONE REGIONALE AL LAVORO PER ESAMINARE IL TESTO UNICO DEL COMMERCIO.


La terza Commissione dell Regione Marche, di cui è membro il consigliere regionale Giancarlo D'Anna, ha continuato oggi la discussione generale sulla proposta di legge n. 303, ad iniziativa della giunta regionale, ''Testo unico in materia di Commercio'' . Dopo l''esame dei primi 19 articoli, durante la precedente seduta, sono stati oggi discussi gli articoli dal 20 al 40, riguardanti in particolare le disposizioni per la vendita al dettaglio, il sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica, le vendite straordinarie e promozionali e il commercio su aree pubbliche.

La Commissione ha poi sospeso i lavori per consentire agli uffici regionali un''ulteriore approfondimento dei contenuti del provvedimento alla luce della nuova normativa comunitaria in materia di commercio. In apertura dei lavori, la Commissione aveva svolto una audizione sulla pdl di testo unico per il commercio, con il rappresentante dei giornalai Sinagi-Cgil Giovanni Tamburrini, a completamento della consultazione regionale tenuta nelle scorse settimane.

lunedì 6 aprile 2009

TERREMOTO,D'ANNA PROPONE SOTTOSCRIZIONE TRA CONSIGLIERI, SINDACI E PRESIDENTI DI PROVINCIA


Una solidarietà fattiva e concreta quella che propone il Consigliere regionale del PdL Marche Giancarlo D’Anna che invita i colleghi consiglieri regionali, gli assessori, i Presidenti di Giunta e della Regione Marche i Presidenti di Provincia i Sindaci e relativi assessori e consiglieri ad aderire ad una sottoscrizione personale, che potrebbe far capo alla Presidenza del consiglio regionale, a favore delle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal grave sisma.Un impegno - sottolinea D’Anna- che non si ferma alla solidarietà scritta e istituzionale, ma che vuole dare il proprio contributo, anche personale, alle popolazioni del vicino Abruzzo.

AMIANTO: UN SILENZIO KILLER


Inizia oggi a Torino l’udienza preliminare del processo contro i vertici dell’Eternit per le morti da amianto il Killer del ‘900, com’è stato definito. Pericoloso, perché pressoché invisibile nelle sue particelle, il problema è stato sottovalutato per decenni ed oggi, le morti da amianto stanno raggiungendo picchi enormi.
A Torino ci saranno al processo quasi 3000 parti lese.

Ma nelle Marche, in Provincia di PU qual è la situazione visto che ci sono oltre 3000 edifici censiti contenenti amianto?
Giancarlo D’Anna, consigliere regionale PdL fa il punto della situazione e chiede interventi immediati con un’interrogazione.

Il sottoscritto Giancarlo D’Anna Consigliere regionale A.N. verso il PdL PREMESSO CHE L’amianto è un killer silenzioso, seriale, facile da identificare ma ancora in libertà nonostante che con la legge n. 257 del 1992 in Italia è stata vietata l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, prodotti di amianto o contenenti amianto.CHE La micidiale fibra- non esiste una soglia minima di rischio nell’esposizione all’amianto- con l’aria attraverso la bocca può raggiungere i polmoni, agendo lentamente e negli anni, dopo essere stata inalata, può provocare :l’asbestosi, un terreno fertile per l’insorgere di tumori polmonari e mesotelioni pleurici;il mesotelioma un tumore maligno che riveste le membrane de polmoni e gli organi addominaliil carcinoma polmonare, il più frequente e strettamente collegato all’asbesto(fibra di amianto)CHE Il problema non riguarda solo ed esclusivamente coloro che hanno lavorato con l’amianto, ma anche le famiglie (all’interno delle quali la micidiale fibra si è insinuata attraverso gli abiti di chi ne è venuto a contatto come dimostrano le statistiche di Casale Monferrato uno dei siti italiani tristemente colpiti dai tumori collegati all’amianto) e quanti possono inalare per motivi extraprofessionali le fibre di amianto presenti nell’aria nelle vicinanze di manufatti da cui si liberano le fibre. .CHE Nel 1997 con delibera di Giunta n. 3496 la Regione Marche adottò il “Piano di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”.CHE Il piano, come primo obiettivo, si proponeva “il censimento delle situazioni potenzialmente caratterizzate da presenza e/o esposizione all’amianto”.CHE Due anni dopo , nel giugno 1999, la Regione Marche con delibera n. 2197 Incaricava l’Azienda U.S.L n.2 di Urbino di espletare un “ Corso di formazione professionale per operatori e dirigenti d’imprese, dedite ad attività di bonifica, rimozione smaltimento di amianto”.CHE Sempre nel 1999 con delibera di Giunta 3372 la Regione Marche “Costituiva un gruppo di lavoro permanente per le problematiche relativamente all’amianto denominato GRUPPO REGIONALE AMIANTO “ per “occuparsi delle problematiche tecnico operative, interpretative ed organizzative, al fine di uniformare in ambito regionale le attività previste dalla normativa sull’amianto”.CHE Finalmente, se così si può scrivere, nel 2002 dopo 10 anni dalla legge 257 la Regione Marche con delibera 2014 deliberava il “Piano Operativo dell’anno 2002- Censimento amianto-Imprese ed edifici”stanziando 185. 924,48 euro integrando i contributi stanziati l’anno precedente cioè 190.00,00 euro, ai Dipartimenti di prevenzione delle AUSL conferendo, ancora una volta l’incarico di “organizzare e gestire i Corsi di Formazione” destinati questa volta agli “Operatori delle Strutture Sanitarie Regionali di controllo, finalizzati al funzionamento della rete di rilevazione dei casi di mesotelioma.CONSIDERATOCHESono trascorsi 17 anni dalla legge 257 relativa all’amianto;12 anni dal “Piano di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”;10 anni dal “ Corso di formazione professionale per operatori e dirigenti d’imprese, dedite ad attività di bonifica, rimozione smaltimento di amianto” e dalla costituzione del Gruppo Regionale Amianto;8 anni dai piani Operativi per il censimento dell’amianto;Da dati in mio possesso relativi al censimento effettuato in Provincia di Pesaro Urbino risultano circa 3000 strutture ( tra: capannoni in attività e dismessi, uffici pubblici, magazzini, stalle,autorimesse, civili abitazioni,mense,alberghi,stabilimenti balneari,ristoranti,banche, scuole,università,uffici postali,case di riposo,aziende agricole,carcere,porcilaie,distributori di carburante, e perfino ambulatori medici di pertinenza di una Usl) in chilogrammi stimati di amianto compatto presenti in ciascuna struttura variano da pochi kg. a decine fino centinaia di miglia di kg. ai quali inevitabilmente si debbono aggiungere molti altri presenti in strutture non censite.INTERROGAIl Presidente della Giunta per conoscerequanti casi di mesotellioma, asbestosi e carcinoma polmonare, malattie strettamente collegabili all’inalazione di fibre di amianto, sono stati rilevati negli ultimi anni dalla “Rete di rilevazione” e inseriti nel Registro Regionale dei casi di mesotelioma e quali sono le zone geografiche in cui si riscontrano i casi più numerosi;Quanti e quali sono gli edifici e strutture, pubbliche e private nella Regione Marche, su cui è stata rilevata la presenza di amianto e a quanto ammonta la quantità stimata di amianto friabile e amianto compatto;quanti quali i siti e/o gli edifici da bonificare il prima possibile perché pericolosi;se tra gli edifici su cui è stata rilevata la presenza di amianto ci sono strutture di proprietà della Regione Marche ed in tal caso quanti e quali;se non ritiene i provvedimenti presi sino ad oggi dalla Regione insufficienti rispetto all’ampiezza del fenomeno e al pericolo relativo alla presenza di amianto;quali risultati si sono ottenuti con il Gruppo Regionale Amianto a distanza di 10 anni dalla sua costituzione;se non ritiene assurdo che la Usl n.2 di Urbino , incaricata di espletare corsi di “Formazione per Operatori e dediti alle attività di bonifica, rimozione e smaltimento di amianto”sia proprietaria di tre ambulatori medici in cui risultano essere presenti complessivamente 37.600 Kg. di amianto ;cos’ha impedito alla proposta di legge n.108 del giugno 2006 di cui sono primo firmatario e che prevede “Assegnazione di contributi per l'incentivazione di interventi di rimozione e smaltimento dell'amianto da insediamenti civili “ di essere discussa e votata nonostante l’evidente necessità di mettere in condizione quanti sono disponibili a smaltire legalmente la pericolosa fibra di farlo ad un prezzo equo evitando, così , come purtroppo troppo spesso avviene, l’abbandono dell’amianto nell’ambiente per evitare gli alti costi di rimozione e conferimento in discarica speciale.

venerdì 3 aprile 2009

CRISTIANI VICINI AI BUDDISTI


Cristiani e buddisti: essere poveri e combattere la cattiva povertà

Messaggio del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso per la festa buddista di Vesakh. Vicini ai buddisti per la povertà come “distacco”. Un invito a operare insieme per combattere quella povertà che è umiliazione della dignità umana, disagio ed emarginazione.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Un ringraziamento ai “cari amici buddisti” per la loro “illuminante testimonianza di distacco ed appagamento per ciò che si ha” e insieme un invito a “combattere” quella povertà “che impedisce alle persone e alle famiglie di vivere secondo la loro dignità; una povertà che offende la giustizia e l’uguaglianza e che, come tale, minaccia la convivenza pacifica”. Sono le due note su cui si basa il messaggio per la festa di Vesakh, che il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ha diffuso oggi. La festa di Vesakh è la più importante per i buddisti e ricorda la sua nascita, illuminazione e morte, avvenuti tutti nel mese di Vesakh. Quest’anno la festa cade l’8 aprile in Giappone e Taiwan, il 2 maggio in Corea e l’8 maggio in tutti gli altri Paesi di tradizione buddista.
Con parole semplici e amichevoli, il Messaggio esprime la vicinanza dei cattolici alle comunità buddiste. “Insieme – si dice - noi siamo in grado non solo di contribuire, nella fedeltà alle nostre rispettive tradizioni spirituali, al benessere delle nostre comunità, ma anche a quello di tutta la comunità umana”.
Ricordando le parole di Benedetto XVI su una povertà “da scegliere” e una “da combattere” (Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2009; omelia alla messa del 1° gennaio), il Pontificio consiglio esprime apprezzamento perché “monaci, monache e molti laici devoti tra di voi abbracciano la povertà ‘da scegliere’, che nutre spiritualmente il cuore umano, arricchendo in maniera sostanziale la vita con uno sguardo più profondo sul significato dell’esistenza”.
Allo stesso tempo si precisa che “per un cristiano, la povertà che va scelta è quella che consente di camminare sulle orme di Gesù Cristo. Facendo così un cristiano si rende disponibile a ricevere le grazie di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2 Cor. 8,9)”. Il Messaggio ricorda anche la “povertà da combattere”: “povertà relazionale, morale e spirituale”, l’emarginazione che si vive nelle società ricche e le “diverse forme di disagio nonostante il benessere” e invita le comunità buddiste a “promuovere la buona volontà dell’intera comunità umana”.

giovedì 2 aprile 2009

SANITA', D'ANNA: LE TAC DI VECCHIA GENERAZIONE SONO PERICOLOSE.




INTERROGAZIONE RELATIVA AL TIPO E CONDIZIONE DI APPARECCHIATURE TAC NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE DELLA REGIONE MARCHE.


Il sottoscritto Giancarlo D’Anna Consigliere regionale PdL
CHE la Tac è un metodo diagnostico efficace e indispensabile in molti casi;
CHE la comunità scientifica sta rivalutando il rapporto rischio-beneficio delle procedure diagnostiche basate su radiazioni ionizzanti (come le tomografie computerizzate, Tac o Tc), alla luce dell’uso massiccio che ne è stato fatto nel corso degli ultimi decenni;
CHE le radiazioni ionizzanti possono danneggiare il Dna delle cellule sane;
CHE le persone che si sottopongono a molte Tac nel corso degli anni potrebbero aumentare il rischio di sviluppare un tumore;
CHE alla radiologia digitale serve metà dose di radiazioni erogate rispetto a quella analogica ad esempio permette di ottenere con una sola esposizione le stesse informazioni per cui prima ne occorrevano due;
CHE le recenti attrezzature hanno un dosimetro che consente di regolare e registrare con precisione le dosi erogate per tenere conto dei livelli di esposizione nel tempo;

INTERROGA
Il Presidente della Giunta della Regione Marche per conoscere:
quanti sono nella Regione Marche i macchinari Tac a disposizione delle strutture Ospedaliere pubbliche;
quanti sono i macchinari di nuova generazione cioè quelli che permettono di abbattere le dosi di radiazioni necessarie alla diagnostica e quante le apparecchiature di vecchia generazione (analogica);
quante persone si sono sottoposte alla Tac negli ultimi cinque anni e quante lo hanno fatto ripetutamente;
quanti macchinari analogici sono stati acquistati negli ultimi 5 anni e quanti ne sono stati sostituiti con quelli digitali;
se, alla luce delle ricerche scientifiche che evidenziano il rischio da esposizione alle radiazioni si stanno sostituendo le apparecchiature di vecchia generazione;
se la Tac viene consigliata e utilizzata solo quando indispensabile .
Giancarlo D’Anna